Unità e diversità devono coniugarsi insieme per essere ricchezza.

la_pira2di Carlo Parenti Viviamo in un mondo in cui le divisioni tra gli uomini e tra le nazioni si moltiplicano, in cui invece di costruire ponti si preferisce alzare nuovi e sempre più alti muri. Si pensi solo al rinascere dei nazionalismi, al rifiuto dell’accoglienza dei profughi. Si registra ovunque la perdita di una dimensione di appartenenza comunitaria e del nostro originario legame con il mondo naturale. Ciò crea serissimi problemi che è sempre più difficile affrontare. Tra questi la crisi delle istituzioni.

Questo scenario trova fondamento nel così detto egoismo libertario che è fondato nel materialismo o naturalismo scientifico puro – nichilismo scientifico – che permette nei tempi moderni il completo dominio tecnologico sulla natura che è appunto considerata materia. In questo concetto di moderno cade il significato antropo­morfico dell’essere, cadono le essenze, cade il soggetto sapienziale e l’organizzazione giuridica ad esso correlata, cade la pensabilità (comunque, la conoscibilità) di Dio ma anche dell’uomo come persona. Ciò significa o implica un radicale individualismo possessivo o proprietario o dispotico su tutta la realtà da parte dell’io. L’uomo moderno è un individualista – un isolazionista radicale – un unico di cui tutto è proprietà e in particolare le altrui vite. Si giunge così al rifiuto di ogni intervento dello Stato e in particolare del diritto penale (si pensi alla richiesta liberalizzazione delle droghe o al dibattito italiano sulla possibilità di uccidere un ladro che attenta alla roba di proprietà individuale). Tramonta la morale umanistica, anche laica, del valore infinito e intangibile di ogni singolo uomo, della comunicazione interpersonale, della solidarietà capace di sacrificio, della prevalenza della spiritualità sul piacere, che è fondamentalmente cristiana.

Di converso il messaggio del cristianesimo è unitivo. Giorgio La Pira centrava il suo pensiero e la sua azione politica sul concetto di unità, così espresso: «plura in unum ». Dell’unità, è opportuno sottolinearlo, ebbe quindi una visione originale, aperta e dinamica. Riferendosi all’ unità nel molteplice e non del molteplice salvaguardava la libertà di ciascun agente e la necessaria interrelazione tra diversi.

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Bergoglio, in due suoi interventi da vescovo nel 1989 e ancora nel 2001, cita Giovanni Paolo II: «il Papa è stato esplicito al Parlamento Europeo di Strasburgo l’11 novembre 1988: “Dopo Cristo non è più possibile idolatrare la società come grandezza collettiva divoratrice della persona umana e del suo destino irriducibile […] I messianismi politici sfociano spesso nelle peggiori tirannidi. Le strutture delle società […] non possono sostituirsi alla coscienza dell’uomo, né alla sua ricerca della verità e dell’assoluto”».

Davvero la Chiesa con la sua dottrina sociale è oggi l’unica autorità mondiale che difende il valore della persona.