di Carlo Parenti • Viviamo in un mondo in cui le divisioni tra gli uomini e tra le nazioni si moltiplicano, in cui invece di costruire ponti si preferisce alzare nuovi e sempre più alti muri. Si pensi solo al rinascere dei nazionalismi, al rifiuto dell’accoglienza dei profughi. Si registra ovunque la perdita di una dimensione di appartenenza comunitaria e del nostro originario legame con il mondo naturale. Ciò crea serissimi problemi che è sempre più difficile affrontare. Tra questi la crisi delle istituzioni.
Questo scenario trova fondamento nel così detto egoismo libertario che è fondato nel materialismo o naturalismo scientifico puro – nichilismo scientifico – che permette nei tempi moderni il completo dominio tecnologico sulla natura che è appunto considerata materia. In questo concetto di moderno cade il significato antropomorfico dell’essere, cadono le essenze, cade il soggetto sapienziale e l’organizzazione giuridica ad esso correlata, cade la pensabilità (comunque, la conoscibilità) di Dio ma anche dell’uomo come persona. Ciò significa o implica un radicale individualismo possessivo o proprietario o dispotico su tutta la realtà da parte dell’io. L’uomo moderno è un individualista – un isolazionista radicale – un unico di cui tutto è proprietà e in particolare le altrui vite. Si giunge così al rifiuto di ogni intervento dello Stato e in particolare del diritto penale (si pensi alla richiesta liberalizzazione delle droghe o al dibattito italiano sulla possibilità di uccidere un ladro che attenta alla roba di proprietà individuale). Tramonta la morale umanistica, anche laica, del valore infinito e intangibile di ogni singolo uomo, della comunicazione interpersonale, della solidarietà capace di sacrificio, della prevalenza della spiritualità sul piacere, che è fondamentalmente cristiana.
Fenomeni descritti anche nell’esortazione apostolica, Evangelii Gaudium (n. 67): «L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari». Si perde infine il senso dell’altro. Così come, in relazione all’ambiente naturale, nell’Enciclica Laudato si’ del 2015 sulla cura della casa comune, si tratta pure del paradigma tecnocratico, nel quale il soggetto «possiede» l’oggetto che si trova all’esterno di sé (n. 106 e ss.) e della conseguente patologia di trattare le altre persone come meri oggetti (n. 123). Una mia riflessione spicciola sull’isolazionismo radicale: oggi si assiste in ogni luogo e tempo al fenomeno dei selfie, cioè alle fotografie che le persone fanno a se stesse. L’autore delle scatto occupa – autocentrandosi – l’immagine e il resto del mondo è solo una scena di contorno. Al massimo si unisce il partner “di turno”. Il selfie sembra un’autoaffermazione escludente ogni dimensione vera di relazione sociale. Infatti l’individualismo moderno si basa sulla concezione autofondata della persona. Per questo l’individuo è considerato il valore supremo, anche superiore alla società, dal momento che non deve nulla a nessuno. L’uomo e scisso dai suoi simili, è divisivo (come non pensare al significato della parola diavolo, cioè “colui che divide”).
Di converso il messaggio del cristianesimo è unitivo. Giorgio La Pira centrava il suo pensiero e la sua azione politica sul concetto di unità, così espresso: «plura in unum ». Dell’unità, è opportuno sottolinearlo, ebbe quindi una visione originale, aperta e dinamica. Riferendosi all’ unità nel molteplice e non del molteplice salvaguardava la libertà di ciascun agente e la necessaria interrelazione tra diversi.
La mente va a Papa Francesco. A San Pietro, nell’udienza generale del 9 ottobre 2013, ha detto: «La Chiesa è cattolica, perché è la “Casa dell’armonia” dove unità e diversità sanno coniugarsi insieme per essere ricchezza. Pensiamo all’immagine della sinfonia, che vuol dire accordo, armonia, diversi strumenti suonano insieme; ognuno mantiene il suo timbro inconfondibile e le sue caratteristiche di suono si accordano su qualcosa di comune. Poi c’è chi guida, il direttore, e nella sinfonia che viene eseguita tutti suonano insieme in “armonia”, ma non viene cancellato il timbro di ogni strumento; la peculiarità di ciascuno, anzi, è valorizzata al massimo! È una bella immagine che ci dice che la Chiesa è come una grande orchestra in cui c’è varietà. Non siamo tutti uguali e non dobbiamo essere tutti uguali. Tutti siamo diversi, differenti, ognuno con le proprie qualità. E questo è il bello della Chiesa: ognuno porta il suo, quello che Dio gli ha dato, per arricchire gli altri. E tra i componenti c’è questa diversità, ma è una diversità che non entra in conflitto, non si contrappone; è una varietà che si lascia fondere in armonia dallo Spirito Santo; è Lui il vero “Maestro”, Lui stesso è armonia».
Sempre in tema di «unità attraverso la diversità» spostando l’attenzione ai temi dei rapporti tra i popoli europei Francesco, nel suo discorso del 25 novembre 2014 al Parlamento Europeo di Strasburgo, si è tra l’altro soffermato su due sfide per l’Europa di oggi: la multipolarità e la trasversalità. L’Europa, ha detto, è oggi “multipolare” e ha invitato a far sì che la globalizzazione sia poliedrica, ossia rispettosa della «particolarità di ciascuna delle parti». Quindi, ha rivolto il pensiero alla trasversalità, alla necessità di un dialogo in tutti i campi: «Nel mondo politico attuale dell’Europa risulta sterile il dialogo solamente interno agli organismi (politici, religiosi, culturali) della propria appartenenza. La storia oggi chiede la capacità di uscire per l’incontro dalle strutture che “contengono” la propria identità al fine di renderla più forte e più feconda nel confronto fraterno della trasversalità. Un’Europa che dialoghi solamente entro i gruppi chiusi di appartenenza rimane a metà strada; c’è bisogno dello spirito giovanile che accetti la sfida della trasversalità».
Per i Cristiani dunque l’ unità non è sinonimo di collettivismo, ma di partecipazione e di dialogo; non è un fatto negatore, ma affermativo del soggettivismo della persona.
A questo proposito La Pira diceva: «Hegel non ha capito nulla! Quando afferma che lo stato è tutto, che è quasi una divinità terrena, e che va in un certo senso adorato, priva l’uomo della libertà e pone le tragiche, diaboliche premesse del nazismo e dello stalinismo (lo stato tutto, lo stato dio!). L’Uomo va difeso dallo Stato, da questo Stato che cerca di opprimerlo; Lo Stato è per la persona, non la persona per lo Stato ».
Bergoglio, in due suoi interventi da vescovo nel 1989 e ancora nel 2001, cita Giovanni Paolo II: «il Papa è stato esplicito al Parlamento Europeo di Strasburgo l’11 novembre 1988: “Dopo Cristo non è più possibile idolatrare la società come grandezza collettiva divoratrice della persona umana e del suo destino irriducibile […] I messianismi politici sfociano spesso nelle peggiori tirannidi. Le strutture delle società […] non possono sostituirsi alla coscienza dell’uomo, né alla sua ricerca della verità e dell’assoluto”».
Davvero la Chiesa con la sua dottrina sociale è oggi l’unica autorità mondiale che difende il valore della persona.