Immagine e assimilazione (Gen 1,26). Sfogliando Bibbia e padri della Chiesa
di Carlo Nardi •
1. A immagine di Dio
“Ma allora Dio ha un corpo?” Si sentivano obiettare. Sì, quello del suo Figlio incarnato, fatto uomo, nel senso che Dio, quando plasmava il corpo di Adamo (Gen 2,7), lo modellava sul futuro corpo di Cristo, e pertanto il Figlio di Dio, l’“ultimo Adamo”, si sarebbe fatto uomo, anche se il primo Adamo non avesse peccato, per ricevere comunque dal Dio fattosi uomo la sua definitiva immortalità. Nella seconda metà del secondo secolo era il pensiero di sant’Ireneo di Lione tutto intento alla salvezza della carne nella futura risurrezione, al cui servizio è l’anima: nel nostro corpo siamo «a immagine di Dio», di quel Dio che si è fatto uno di noi in un vero corpo, come il nostro, perché Lui. «il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14).
Teologia della salvezza dell’anima. Eppure la cosiddetta teologia della carne non soddisfaceva tutti. Gli oppositori erano specialmente in Egitto, ad Alessandria nel terzo secolo: secondo loro, l’immagine di Dio era nell’anima che si esprime nel “ragionamento”, il logos, a immagine di Cristo, certo, ma di Lui in quanto Logos, inteso con la lettera maiuscola, il Verbo eterno, la seconda persona della Trinità, Pensiero e Parola del Padre. Così pensava Clemente di Alessandria (m. 215 circa) e ancor più Origene (m. 254), tutti e due intenti alla salvezza dell’anima razionale e immortale, al cui servizio è il corpo.
Consapevoli dell’essere fatti, come ogni creatura umana, “a immagine di Dio” (Gen 1,26), i cristiani dell’antichità, anche nel commentare la Sacra Scrittura, hanno voluto raffrontarla con la loro umanità, che è la nostra umanità, la cui salvezza e pienezza è il modello di quella stessa immagine: Gesù, Verbo di Dio e nostro fratello.
Da loro riceviamo un metodo: quello di vedere, renderci conto chi siamo e come lo siamo, creature umane, e scorgere nella nostra umanità, con la ragione e la fede, il Dito di Dio che è lo Spirito Santo, creatore e santificatore, e pertanto “riconoscere la nostra dignità” (Leone Magno) e vivere di conseguenza.
Non senza un perché nella Scrittura sono così frequenti i nomi “volto”, “faccia” e i verbi “cercare, vedere il volto di Dio”, e “parlargli faccia a faccia”, “al suo cospetto”, ossia “davanti al suo volto”. E, a proposito di immagine di Dio in noi, è veramente ‘luminoso’ un Salmo della compieta domenicale e festiva nel latino della Vulgata: «si staglia su di noi la luminosità del tuo volto, o Signore (signatum est super nos lumen vultus tui, Domine), e tu hai dato gioia al mio cuore» (Sal 4,7-8 Vulgata, e così già nei Settanta).
2. A somiglianza. Anzi assimilazione
«Dio fece l’uomo a sua immagine», dice la Bibbia. Non solo: «a sua somiglianza». Stando alla versione italiana, ma anche al latino e all’originale, l’ebraico, una chiara differenza tra “immagine” e “somiglianza” non è proprio evidente (Gen 1,26).
Alla fine avrebbero – uso il condizionale –, avrebbero tradotto tutti allo stesso modo. Un qualcosa di meraviglioso, comunque, ci fu. Il mondo mediterraneo che capiva e parlava sempre più greco, finalmente poté leggere e intendere l’Antico Testamento. C’era una Bibbia in mezzo ai pagani: la riconosceranno tre secoli dopo nella predicazione degli apostoli.
Di fatto quei traduttori volevano farsi intendere dai greci. Giunti a “somiglianza”, ebraico demût, non tradussero “somiglianza”, ma, tirando non più di tanto il testo, scrissero “assimilazione”. Perché? Perché, ben esperti di letteratura greca, dovevano avere in mente, anche per le care reminiscenze di scuola, frasi importanti di Platone: la vita umana è un’assimilazione, un «assimilarsi (homoíōsis) a Dio» (Teeteto 176ab), un divenire simili a lui, per quanto ci è possibile (Repubblica X 613a).
Insomma – in base alla Bibbia greca dei Settanta – Dio ci ha fatti a sua immagine, ma perché gli si assomigli sempre più. Questo cammino è la storia della salvezza, ed è anche la vicenda, la fatica di ciascuno noi: è un qualcosa di donato, grazia, e di cercato con impegno. Soprattutto è possibile in Gesù crocifisso e risorto. E, se è vero che si assomiglia a chi si ama, assomigliare a Cristo è possibile nell’amore di Dio ricevuto e donato.