Il messaggio del Papa ai giovani tra uno sguardo al passato e al coraggio per il futuro

708 500 Stefano Liccioli
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180638152-cb8ca509-6099-4fbb-925c-577350cdebd2di Stefano Liccioli Torno a parlare del tema dei giovani e lo faccio prendendo spunto dal messaggio di Papa Francesco per la XXXII Giornata Mondiale della Gioventù che quest’anno si svolgerà a livello diocesano. L’argomento della Giornata del 2017 fa riferimento alle parole di Maria nel Magnificat «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» (Lc1,49) e rappresenta la prima tappa di un cammino che, ogni anno insieme alla Madonna, avrà come meta la GMG 2019 di Panama che sarà ispirata alle parole «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola» (Lc1,38), risposta di Maria all’angelo.

Non intendo qui offrire né il riassunto né un commento puntuale del messaggio. Mi limiterò a sottolineare alcuni aspetti che possono essere spunti per una riflessione sulla condizione giovanile.

Si diceva che la figura di riferimento di questo triennio è appunto Maria. Ella viene indicata dal Papa come una ragazza coraggiosa, disposta all’impegno ed al servizio, non è una “giovane-divano”.

Quello dei “giovani-divano” è un tema di cui il Santo Padre aveva parlato durante il discorso alla veglia della Gmg di Cracovia nello scorso luglio. Si tratta di tutti quei ragazzi che preferiscono starsene comodi, in disparte, come se fossero già pensionati, invece di mettersi in gioco:«Come la giovane Maria, potete far sì che la vostra vita diventi strumento per migliorare il mondo. Gesù vi chiama a lasciare la vostra impronta nella vita, un’impronta che segni la storia, la vostra storia e la storia di tanti». Chi sta a contatto con i giovani sa quanto sia difficile farli appassionare ad iniziative o progetti, coinvolgerli nel realizzare qualcosa di grande e bello, che può costare magari qualche rinuncia o sacrificio. Essi, in diversi casi, presentano una diffidenza per ciò che è nuovo, per quello che li scuote dalle consuetudini, dalla “vita comoda”. Sembra un paradosso perché i giovani, per energie a disposizione e per età, potrebbero dare un contributo davvero significativo alla società (e per dire la verità diversi di loro lo danno).

Siamo in quella che è stata definita l’epoca delle “passioni tristi” che, nell’ottica del filosofo Spinoza, non fanno riferimento al pianto o al dolore, ma alla mancanza di senso, al sentirsi impotenti di fronte alla realtà. Gérard Schmit e Miguel Benasayag nel loro libro intitolato appunto “L’epoca delle passioni tristi” raccontano di genitori ed insegnanti che non sanno più come far fronte all’ indolenza dei loro figli o dei loro alunni, ai processi di demotivazione che li isolano nelle loro stanze a stordirsi le orecchie di musica, all’escalation della violenza, allo stordimento degli spinelli che intercalano ore di ignavia. Come sono riconducibili tutti questi sintomi alla «crisi storica»? La mancanza di un futuro come promessa arresta il desiderio nell’assoluto presente. Meglio star bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva. Il problema sembra nascere dal percepire il futuro non più come una promessa, ma come una minaccia.

Non è un caso, secondo me, se Papa Francesco nel prosieguo del messaggio si sofferma sulla rapporto dei giovani con il tempo, non solo il futuro, ma anche il passato:«Maria è poco più che adolescente, come molti di voi. Eppure nel Magnificat dà voce di lode al suo popolo, alla sua storia. Questo ci mostra che essere giovani non vuol dire essere disconnessi dal passato. La nostra storia personale si inserisce in una lunga scia, in un cammino comunitario che ci ha preceduto nei secoli».

Ragazzi e ragazze di oggi sono tentati di vivere in un eterno presente fatto di esperienze vissute una dopo l’altra. «Nella nostra vita possiamo avere tanti ricordi, ma quanti di essi costruiscono davvero la nostra memoria? Quanti sono significativi per il nostro cuore e aiutano a dare un senso alla nostra esistenza? I volti dei giovani, nei “social”, compaiono in tante fotografie che raccontano eventi più o meno reali, ma non sappiamo quanto di tutto questo sia “storia”, esperienza che possa essere narrata, dotata di un fine e di un senso. Sono tutte esperienze che rischiano di essere solo dei frammenti se non vengono ricostruiti in un’unità. A tal proposito il Santo Padre consiglia:«Alla fine di ogni giornata ci possiamo fermare per qualche minuto a ricordare i momenti belli, le sfide, quello che è andato bene e quello che è andato storto. Così, davanti a Dio e a noi stessi, possiamo manifestare i sentimenti di gratitudine, di pentimento e di affidamento, se volete anche annotandoli in un quaderno, una specie di diario spirituale».

La sfida educativa che interpella tutti noi adulti è quella di aiutare i giovani a non ammassare i loro ricordi come se fossero dati da archiviare in un hard disk, ma a confrontarsi con i fatti del passato (riconciliandosi con quelli più dolorosi) affinché diventino «realtà dinamica, sulla quale riflettere e da cui trarre insegnamento e significato per il nostro presente e futuro. Compito arduo, ma necessario, è quello di scoprire il filo rosso dell’amore di Dio che collega tutta la nostra esistenza».

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Stefano Liccioli

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