Francesco inaugura la quaresima

Archbasilica_of_St._John_Lateran_HDdi Stefano Tarocchi • Nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, il giovedì dopo le Ceneri, Francesco ha incontrato i parroci della sua diocesi. Si è rivolto a loro ponendo la domanda dei discepoli a Gesù: «Signore, accresci in noi la fede!» (Lc 17,5), che ha commentato con tre elementi: «la memoria radicata nella fede della Chiesa», la «speranza, che ci sostiene nella fede» e il «discernimento del momento», che ha quindi svolto nella sua meditazione.

Venendo quindi al discernimento, tema quanto mai attuale nel tessuto ecclesiale sotto varie declinazioni, il papa ha richiamato Evangelii Gaudium – espressamente citata come “documento programmatico”. Si parla di un «cammino di formazione e di maturazione nella fede… che «non sarebbe corretto interpretare … esclusivamente o prioritariamente come formazione (meramente) dottrinale» (EG 161). La crescita nella fede avviene attraverso gli incontri con il Signore nel corso della vita. Questi incontri si custodiscono come un tesoro nella memoria e sono la nostra fede viva, in una storia di salvezza personale».

Il papa ha quindi volto l’attenzione a «quella dimensione della fede [che Francesco chiama] deuteronomica…: la fede si alimenta e si nutre della memoria, [quella] dell’Alleanza che il Signore ha fatto con noi. Egli è il Dio dei nostri padri e nonni. Non è Dio dell’ultimo momento, un Dio senza storia di famiglia, un Dio che per rispondere ad ogni nuovo paradigma dovrebbe scartare come vecchi e ridicoli i precedenti». Per questo, «progredire nella fede non è soltanto un proposito volontaristico di credere di più d’ora innanzi: è anche esercizio di ritornare con la memoria alle grazie fondamentali. Si può “progredire all’indietro”, andando a cercare nuovamente tesori ed esperienze che erano dimenticati e che molte volte contengono le chiavi per comprendere il presente. Questa è la cosa veramente “rivoluzionaria”: andare alle radici. Quanto più lucida è la memoria del passato, tanto più chiaro si apre il futuro, perché si può vedere la strada realmente nuova e distinguerla dalle strade già percorse che non hanno portato da nessuna parte. La fede cresce ricordando, collegando le cose con la storia reale vissuta dai nostri padri e da tutto il popolo di Dio, da tutta la Chiesa».

Poi Francesco ha proseguito ricordando ai parroci romani «l’Eucaristia [come] il Memoriale della nostra fede, ciò che ci situa sempre di nuovo, quotidianamente, nell’avvenimento fondamentale della nostra salvezza, nella Passione, Morte e Risurrezione del Signore, centro e perno della storia». E, citando le parole del gesuita cileno Alberto Hurtado, canonizzato nel 2005, ha aggiunto: «La Messa è la mia vita e la mia vita è una Messa prolungata».

Riguardo alla fede, ha poi così continuato, che «si sostiene e progredisce grazie alla speranza. La speranza è l’ancora ancorata nel Cielo, nel futuro trascendente, di cui il futuro temporale – considerato in forma lineare – è solo una espressione. La speranza è ciò che dinamizza lo sguardo all’indietro della fede, che conduce a trovare cose nuove nel passato – nei tesori della memoria – perché si incontra con lo stesso Dio che spera di vedere nel futuro. La speranza inoltre si estende fino ai limiti, in tutta la larghezza e in tutto lo spessore del presente quotidiano e immediato, e vede possibilità nuove nel prossimo e in ciò che si può fare qui, oggi. La speranza è saper vedere, nel volto dei poveri che incontro oggi, lo stesso Signore che verrà un giorno a giudicarci». Perciò «la fede progredisce esistenzialmente credendo in questo “impulso” trascendente che si muove – che è attivo e operante – verso il futuro, ma anche verso il passato e in tutta l’ampiezza del momento presente».

Successivamente Francesco si è dedicato ad approfondire il tema del discernimento, la cui caratteristica è «fare prima un passo indietro, come chi retrocede un po’ per vedere meglio il panorama. C’è sempre una tentazione nel primo impulso, che porta a voler risolvere qualcosa immediatamente. In questo senso credo che ci sia un primo discernimento, grande e fondante, cioè quello che non si lascia ingannare dalla forza del male, ma che sa vedere la vittoria della Croce di Cristo in ogni situazione umana».

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«Significativamente – ha quindi proseguito il papa – che «può persino sembrare che dove c’è fede non dovrebbe esserci bisogno di discernimento: si crede e basta… [che, del resto] non si esaurisce in una formulazione astratta né la carità in un bene particolare, ma il proprio della fede e della carità è crescere e progredire aprendosi a una maggiore fiducia e a un bene comune più grande. Il proprio della fede è essere “operante”, attiva, e così per la carità». Anche se «la fede può fossilizzarsi, nel conservare l’amore ricevuto, trasformandolo in un oggetto da chiudere in un museo [e] volatilizzarsi, nella proiezione dell’amore desiderato, trasformandolo in un oggetto virtuale che esiste solo nell’isola delle utopie» è allora che «il discernimento dell’amore reale, concreto e possibile nel momento presente, in favore del prossimo più drammaticamente bisognoso, fa sì che la fede diventi attiva, creativa ed efficace».

Quindi Francesco ha proseguito, estendendo a tutti i pastori qualcosa del ministero petrino: «non serve dividere: non vale sentirci perfetti quando svolgiamo il ministero e, quando pecchiamo, giustificarci per il fatto che siamo come tutti gli altri. Bisogna unire le cose: se rafforziamo la fede degli altri, lo facciamo come peccatori. E quando pecchiamo, ci confessiamo per quel che siamo, sacerdoti, sottolineando che abbiamo una responsabilità verso le persone, non siamo come tutti». E ha concluso il papa: «quando il Signore lo esalta e lo umilia, Simon Pietro non guarda a sé stesso, ma sta attento a imparare la lezione di ciò che viene dal Padre è ciò che viene dal diavolo. Quando il Signore lo rimprovera perché si è fatto grande, si lascia correggere. Quando il Signore gli fa vedere in modo spiritoso che non deve fingere davanti agli esattori delle tasse, va a pescare il pesce con la moneta. Quando il Signore lo umilia e gli preannuncia che lo rinnegherà, è sincero nel dire ciò che sente, come lo sarà nel piangere amaramente e nel lasciarsi perdonare. Tanti momenti così diversi nella sua vita eppure un’unica lezione: quella del Signore che conferma la sua fede perché lui confermi quella del suo popolo. Chiediamo anche noi a Pietro di confermarci nella fede, perché noi possiamo confermare quella dei nostri fratelli».