di Giovanni Campanella • Nella collana “Tra storia e religione” di Rubbettino Editore, è stato pubblicato alla fine di febbraio 2017 un piccolo libriccino di Don Nicola Rotundo (docente di Teologia Morale nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione S. Tommaso d’Aquino in Napoli e presso l’Istituto Teologico Calabro “S. Pio X” in Catanzaro) sul pensiero economico in Bernard J.F. Lonergan (1904-1984), teologo gesuita canadese. Si intitola Bernard Lonergan e l’economia – profili economici della vita morale e sociale.
Lonergan ha scritto varie opere nei campi più disparati. Si è occupato tra le altre cose di antropologia, cristologia e trinitaria. Si è soprattutto distinto nell’ambito dello studio del metodo. Molto meno noti sono invece i suoi lavori che trattano di economia. Sono stati raccolti postumi in due opere dalla University of Toronto Press. La prima è For a New Political Economy, una raccolta di bozze, note, saggi, redatti nel 1940 e incentrati sulla crisi degli anni Trenta. La seconda è Macroeconomic Dynamic: an Essay in Circulation Analysis con saggi che sono successivi alla metà degli anni ’70.
Il libriccino di Rotundo adotta un approccio assai ambivalente e strano nei confronti di Lonergan. All’inizio ne loda con enfasi la fecondità delle intuizioni.
«Lonergan ha di certo segnato il Magistero sociale del Novecento. (…). Crediamo sia necessario evidenziare le convergenze e le divergenze che hanno animato e stanno animando, il dibattito su una figura così rilevante nel Novecento teologico-metodologico. (…). L’opera di Lonergan, infatti, è già da qualche tempo sotto osservazione e la sua produzione è oggetto di un interesse sempre crescente» (pp. 14-17).
Successivamente emergono gradualmente le critiche e arriva poi pesante la scure sul nostro povero Lonergan, scure che si protrae quasi fino alla fine del libro:
«A livello semantico, la nostra indagine lessicografica, non ci ha permesso di individuare, nell’impiego del termine – econom – nulla che possa ritenere Lonergan propugnatore di una rilevante innovazione. Si registra certamente lo sforzo poderoso, ma non solo suo, di riportare in economia una visione antropologica “autentica” e, conseguentemente, una sana moralità. Ma a tal proposito, abbiamo potuto registrare quelle che abbiamo definito tracce di un’antropologia deficitaria. (…). Con molta probabilità, a noi sembra che egli sia stato un divoratore di libri, di vario genere; divoratore di pensiero altrui, ma non certo un armonizzatore, un mediatore che abbia saputo assumere categorie altrui per mediare verità proprie. E’ come se facesse difetto in lui un principio fondazionale. (…). Più volte abbiamo rimarcato che Lonergan ha studiato teologia sino a conseguire un dottorato e ha insegnato teologia dogmatica in un’università pontificia. Ma va registrato che egli, completata l’opera monumentale Method in Theology, ritornò ai suoi studi relativi all’economia, probabilmente più inclini ai suoi reali interessi epistemologici e tenne corsi in questi domini scientifici. Questo dato biografico attesta che, per quanto lui, proprio in quell’opera metodologica, avesse speso energie per affermare l’importanza delle “specializzazioni funzionali”, egli stesso ha sovente travalicato i limiti delle proprie competenze specifiche, dimostrando che, in realtà, la teologia in quanto tale non fosse del tutto, probabilmente, la “sua” materia» (pp. 41-43)
Nonostante queste dure affermazioni, si può apprezzare lo sforzo del gesuita canadese di mettere in risalto la necessaria partecipazione di più persone ai processi decisionali economici. Si opponeva per questo ai regimi totalitari emergenti negli anni Trenta. Aveva una visione democratica dei processi economici. Questo lo faceva dissentire fortemente con il grande economista Keynes che riteneva che solo gli esperti più intelligenti erano in grado di comprendere i teoremi altamente astratti della moderna scienza economica. Lonergan mira a far diventare l’economia un “bene collettivo”. Per lui, «cambiare paradigma economico, e perciò modificare le prassi di azione di ogni agente del mercato significava cambiare i soggetti umani che agiscono in esso, rendendoli democraticamente partecipativi alle sorti dell’economia di mercato» (p. 38).
Lonergan raccorda il progresso all’autenticità e all’osservanza di quei precetti generalissimi che egli chiama trascendentali: sii attento, sii intelligente, sii ragionevole, sii responsabile. Non osservarli significa andare incontro al declino. Essere attento permette di accogliere i dati della realtà. Essere intelligente permette di analizzare e confrontare questi dati. Essere ragionevole permette di dare giudizi rispettosi dei dati. Essere responsabili permette di prendere le decisioni giuste.
Decisiva è per lui la previa azione di motivazione genuina di tutte le persone alla partecipazione piuttosto che inserirle in processi generati in toto dall’alto. Lonergan ammette comunque l’operato di una cosiddetta “minoranza creativa” che tuttavia non ha la funzione di irreggimentare le masse ma di rendere sempre più consapevoli e motivati i soggetti con la sua opera di sensibilizzazione.