di Francesco Vermigli • Qual è il significato delle letture che la messa propone nel tempo che unisce Pasqua a Pentecoste? C’è una linea di senso riconoscibile? Una cosa non può sfuggire, anche ad un primo e superficiale colpo d’occhio: che per quanto riguarda il Vangelo, quello secondo Giovanni ha una netta prevalenza – che diventa assoluta dopo la settimana in albis, eccettuate alcune domeniche – e che la prima lettura – anche nelle domeniche – è presa sempre dal libro degli Atti degli Apostoli. Dopo aver ricordato la recezione del Vangelo secondo Giovanni nel tempo di Pasqua, ci volgeremo ad analizzare la presenza costante di letture tratte dagli Atti.
L’importanza del Vangelo secondo Giovanni nel tempo di Pasqua si spiega – in primo luogo – col fatto che esso è particolarmente ricco, sia per quanto riguarda i racconti del ritrovamento della tomba vuota, sia soprattutto in relazione ai racconti delle apparizioni. Così, l’ottava di Pasqua viene conclusa – in qualsiasi anno liturgico – con il racconto che il Quarto Vangelo ci offre, dell’apparizione di Gesù ai discepoli in assenza di Tommaso – la sera dello stesso giorno della Risurrezione – e con il racconto dell’apparizione questa volta alla presenza di Tommaso, otto giorni dopo. Nel ciclo delle letture dell’anno C, questa prevalenza giovannea può far valere anche il racconto dell’apparizione sul mare di Galilea – in cui si narra del colloquio tra Gesù e Pietro e che si conclude con la profezia della morte di Pietro – che compare come Vangelo della III domenica.
Il legame delle pagine prese dal Vangelo secondo Giovanni con l’evento della Risurrezione si allenta nel progressivo avanzamento del tempo pasquale. In seguito, i brani vengono presi dal cap. 3 – dialogo con Nicodemo – dal cap. 6 – la moltiplicazione dei pani e il lungo discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao – dal cap. 10 – nella IV domenica di Pasqua di ogni ciclo liturgico, domenica detta del “Buon Pastore”, e nei giorni successivi – e dai capp. 13, 14, 15, 16, 17 – cioè dai discorsi di addio di Gesù – per poi tornare, subito prima di Pentecoste, al cap. 21 – cioè al racconto dell’apparizione sul lago – fino alle ultimissime parole del Vangelo stesso. Vale a dire che le letture che la liturgia prende da Giovanni hanno lo scopo di presentare i temi più densi di significato che si generano dall’evento della Risurrezione: la vita cristiana come rinascita pneumatica, Cristo pegno di vita eterna e pastore del popolo dei redenti, la promessa dell’invio dello Spirito Paraclito, mediante il quale Cristo non lascerà mai soli i suoi. Come si può apprendere facilmente, nell’avanzamento del tempo pasquale un ruolo crescente è svolto dalla presentazione dello Spirito nella storia della salvezza: la liturgia ci accompagna, cioè, dal mistero della Risurrezione a quello dell’effusione dello Spirito sugli apostoli; mostrando tutti questi come momenti dell’unico e indivisibile mistero trinitario di amore per l’uomo.
Il tratto pneumatologico ha uno spazio non piccolo anche nella scelta della prima lettura, che nel tempo pasquale in maniera costante viene presa dal libro degli Atti degli Apostoli. Non solo nel racconto del giorno di Pentecoste, ma nel loro complesso gli Atti mostrano la storia della Chiesa come una storia di uomini che nelle mille vicende di questo mondo – con l’assistenza e nella potenza dello Spirito santo – vivono la vita del Risorto e annunciano l’avvenuta realizzazione in Cristo di tutte le profezie di Israele. Si direbbe che le letture del tempo di Pasqua mostrano come l’elemento cristologico (accentuato evidentemente nei Vangeli, per quanto ci riguarda quello di Giovanni) e quello ecclesiologico (che è la dimensione propria del libro degli Atti degli Apostoli) trovano nell’elemento pneumatologico, per così dire, il loro trait d’union: è rilevante la presenza dello Spirito nelle settimane finali del tempo pasquale tanto nella forma della promessa fatta da Gesù ai propri discepoli, quanto nella realizzazione di questa promessa nella concreta realtà storica della Chiesa.
Ma manca ancora qualcosa a completare la presentazione del significato delle letture del tempo liturgico di Pasqua. È forse proprio la liturgia dell’anno C – che stiamo vivendo – che ci aiuta a cogliere un ulteriore aspetto caratterizzante il tempo di Pasqua. Non solo dall’evento della Risurrezione deriva l’importanza della missione dello Spirito e la nascita della Chiesa, ma da esso acquista una posizione cruciale la dimensione escatologica: l’anno C, infatti, presenta come seconda lettura delle domeniche del tempo di Pasqua un brano tratto dal libro dell’Apocalisse. Per così dire, il quadro si compie: alla dimensione cristologica, a quella pneumatologica e a quella ecclesiologica, la liturgia invita a prendere in massima considerazione la dimensione escatologica. Cristo Risorto è la primizia della condizione di coloro che sono destinati a risorgere, è la vita eterna che attende di essere comunicata a tutti, è l’annuncio della ricapitolazione finale della storia e del cosmo.