Il racconto di Matteo della Risurrezione: rapporto su (almeno) un tentativo di manipolazione

PIERO-SIdi Stefano Tarocchi Il racconto matteano della Risurrezione è a mio avviso un esempio straordinario di come si può (tentare di) gestire una notizia scomoda e addirittura (tentare di) manipolarla per i propri fini. E non solo la notizia, ma lo stesso evento della risurrezione.

(Matteo 27,62-66).

Pilato, chiamato in causa, dalle autorità giudaiche che anticipano paradossalmente quanto dovrà avvenire e cercano di porvi rimedio alla loro maniera, decide di lasciare che siano i suoi interlocutori ad assicurare la custodia alla tomba.

Ricordiamoci di queste guardie, perché saranno la chiave del (duplice) tentativo di manipolazione, accanto a chi le ha usate.

Piero della Francesca nel suo straordinario capolavoro conservato a San Sepolcro, le ha raffigurate immerse totalmente in quel sonno che esprime la distanza umana da un fatto così straordinario e al tempo stesso l’incapacità di contenere l’evento della Pasqua, che non è possibile manipolare (o addomesticare per i propri fini). Come quanti hanno pensato di aver trovato la soluzione al problema in sé, la negazione tout court della Risurrezione, attraverso il mezzo più elementare della corruzione: il denaro. E tutto questo nonostante che, in aggiunta alla custodia umana, la tomba fosse stata bloccata strategicamente con dei sigilli, violati non da ipotetici rapitori ma dalla potenza della manifestazione divina.

Tutto sembrerebbe indicare il fallimento della mossa precedente delle autorità giudaiche, in quella terra di nessuno che il potere disegna sempre per quelli che lo abitano, e sembrerebbe renderli immuni dal senso di fallimento.

Il denaro che ha fornito la custodia armata e fallimentare alla tomba corrompe ancora una volta, e paga chi ha totalmente mancato al proprio compito iniziale: pertanto «quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute (lett: «come era stato insegnato loro»). Così questo racconto [ho logos nell’originale!] si è divulgato fra i Giudei fino ad oggi» (Matteo 28,15).

E qui nasce la seconda manipolazione, quella della notizia, condotta attraverso una sorta di parodia dello stesso kerigma cristiano, utilizzando la stessa identica terminologia, ancora più evidente nel testo originale.

In esso non sostiene neanche che le guardie sono state sopraffatte, ma sono venute meno nel loro compito perché sopraffatte dal sonno. Questa è l’ultima perfidia: al corrotto in pratica viene addossata anche la colpa e la responsabilità del corruttore.

Matteo, infine, aggiunge per il suo lettore che il «racconto» del rapimento si è diffuso fra i Giudei fino al giorno in cui viene scritto il “suo” racconto, quel Vangelo che è ancora oggi nelle nostre mani. Possiamo ritenere che è esattamente questo racconto, insieme a quelli di Marco, Luca (e Giovanni), a dare l’esatta ricostruzione degli avvenimenti relativi alla risurrezione: qui è come se le donne, anziché limitarsi ai soli discepoli, fossero arrivate fino a noi per chiamarci nella Galilea del nostro tempo, in cui vediamo ancora oggi presente e vivo il Risorto.