di Alessandro Clemenzia • In occasione della visita all’Università Roma Tre, avvenuta lo scorso 17 febbraio 2017, Papa Francesco aveva preparato un discorso scritto, in realtà poi mai pronunciato, in quanto ha preferito parlare a braccio e in modo più colloquiale, pur ribadendo gli stessi concetti: il valore sociale che può assumere l’Università quando viene colta non soltanto nella sua funzione temporale, ma anche in quella spaziale. In altre parole: l’Università non è soltanto un “tempo” di formazione, ma è anche un “luogo” all’interno del quale può germinare la fecondità di uno sguardo nuovo sulla realtà.
Ed è proprio il legame con la realtà il primo punto messo in luce dal discorso del Papa. L’istruzione accademica è la risposta adeguata alle esigenze e alle provocazioni che provengono dalla società odierna; quest’ultima, seppure innervata da una silenziosa rete di solidarietà, è spesso caratterizzata da un “agire violento”, radicato su interessi economici che riescono a prevaricare sugli aneliti di pace e libertà che abitano nel cuore di ogni uomo. Ed è proprio all’interno di tale contesto che l’Università può avvalersi realmente del suo essere «luogo privilegiato in cui si formano le coscienze, in un serrato confronto tra le esigenze del bene, del vero e del bello, e la realtà con le sue contraddizioni».
Il negativo della realtà, contro cui l’Università ha il dovere di formare coscienze che sappiano intelligentemente e culturalmente opporsi, è visto dal Papa come una vera e propria contraddizione interna a quell’esigenza, tipica dell’uomo, di cercare il bene, il vero e il bello. Invece di censurare tale negatività, il primo richiamo di Francesco è proprio quello di volgere lo sguardo su di essa, andando al di là di quella precomprensione etica o religiosa, che, a prescindere dall’esperienza, rischia di diventare mera ideologia: è necessario partire dalla realtà per intervenire dal di dentro di essa «con riflessione e discernimento, cioè senza pregiudizi ideologici, senza paure o fughe».
I nuovi modelli economici, culturali e sociali, di cui la ricerca universitaria si fa carico per ricentrare il valore della persona umana, devono essere progettati e costruiti proprio a partire dalla negatività contestuale, attraverso il recupero di quel «senso di appartenenza a una “patria comune”» che può incrementare l’incontro e la solidarietà.
Non è, dunque, un’aprioristica accoglienza dei valori cristiani ciò che rende “ecclesiale” la missione universitaria, ma è il rivolgere lo sguardo verso l’esistenza individuale e sociale dell’uomo, nella costante pretesa di una sua promozione, nella consapevolezza che «la fede non limita mai l’ambito della ragione, ma lo apre a una visione integrale dell’uomo e della realtà».
Un’Università tutta proiettata verso la realtà, incrementando nei diversi ambiti del sapere un processo di umanizzazione, è anche «luogo di formazione alla “sapienza” nel senso più pieno del termine, di educazione integrale della persona».
Per assumere, tuttavia, un tale sguardo sulla realtà, l’Università deve riuscire ad essere essa stessa un «luogo in cui si elabora la cultura dell’incontro e dell’accoglienza delle persone di tradizioni culturali e religiose diverse». L’ambiente accademico, infatti, è spesso segno di quella pluriforme e contraddittoria realtà in cui esso vive, anche se la ricerca della promozione umana, attraverso un’incessante opera di carità intellettuale, fa sì che tale pluriformità e contraddizione siano di per se stesse “rinnovate”, e dunque trasfigurate (anche se non ancora risolte). Uno sguardo nuovo, infatti, può scaturire unicamente da una vita rinnovata, non chiusa autoreferenzialmente in se stessa, ma costantemente aperta all’altro; e tale apertura si realizza attraverso un’esperienza di dialogo.
Per questo Papa Francesco incoraggia sia docenti che studenti a vivere l’Università come «ambiente di vero dialogo, che non appiattisce le diversità e neppure le esaspera, ma apre al confronto costruttivo». Oltre allo sguardo rivolto verso la realtà, anche il dialogo è la dinamica che meglio esprime la natura e la missione della Chiesa: un dialogo che, prima ancora di essere rivolto verso l’esterno, è realizzato e consumato all’interno come modalità attuativa per entrare in relazione con l’altro (questa volta esterno a sé), assumendone in primo luogo la sua condizione, per quanto negativa essa possa essere.
In questo modo l’Università, pur non menzionando esplicitamente la figura di Cristo, vive la stessa dinamica cristologica che il Concilio Vaticano II ha messo in luce a proposito della natura e della missione della Chiesa.