di Stefano Liccioli • E’ dedicato al tema della misericordia il messaggio del Papa per la cinquantesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebrerà il prossimo 8 maggio. In particolare il Santo Padre c’invita a riflettere su come ogni nostra parola ed ogni nostro gesto debba esprimere la compassione e la tenerezza di Dio.
Uno degli assiomi della comunicazione, secondo Paul Watzlawick e la scuola di Palo Alto, è che “non possiamo non comunicare”. Accogliendo l’invito del Santo Padre, proviamo allora pensare a quanto il nostro linguaggio e le nostre azioni, anche quelle che ci sembrano più insignificanti, possano trasmettere realmente misericordia. Comunicare vuol dire uscire da se stessi per incontrare l’altro, vuol dire creare ponti per dialogare ed arricchirsi reciprocamente. Occorre però che il nostro parlare vada in questa direzione, favorisca cioé l’incontro, il perdono, la riconciliazione e spezzi l’odio e l’incomprensione. E’ uno stile questo – sembra far intuire il Papa – che dobbiamo vivere nel quotidiano, a cominciare dalla famiglia perché «tutti sappiamo in che modo vecchie ferite e risentimenti trascinati possono intrappolare le persone e impedire loro di comunicare e di riconciliarsi». Ciò dovrebbe valere anche per i rapporti tra i popoli: il linguaggio della politica e della diplomazia si deve lasciare guidare dalla misericordia e, nello specifico, saper trovare ciò che unisce piuttosto ciò che divide.
In quest’ottica un richiamo da parte del Pontefice anche alla Chiesa ed ai suoi pastori, a far attenzione, si potrebbe dire, ad evitare di separare prima del tempo il grano e la zizzania:«Lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore. È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti, al fine di liberare le vittime e sollevare chi è caduto». In maniera molto pastorale Papa Francesco osserva come «parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa».
E’ interessante mettere in risalto che il Santo Padre non limita le sue riflessioni ai luoghi fisici d’incontro, ma pensa che anche le reti sociali possano essere spazi in cui si comunica con misericordia:«L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale. La rete può essere ben utilizzata per far crescere una società sana e aperta alla condivisione».
Infine alcune riflessioni personali sul mondo giovanile a partire dall’argomento del messaggio del Papa. Oggi, ragazzi e ragazzi, possono entrare in contatto tra di loro con tanti mezzi diversi: telefoni di ultima generazione, dispositivi digitali, computer. Dialogano continuamente con messaggi e telefonate, ma spesso mi domando se comunichino veramente, se condividano cioé con i coetanei gli aspetti importanti delle loro vite. Comunicare significa infatti condividere e la condivisione richiede l’ascolto, l’accoglienza. Anche se il mondo degli adulti in molti casi non ha dimostrato particolare attenzione e volontà di ascoltare i giovani, dobbiamo educare i giovani all’ascolto, per «essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune».