La Pira, Paolo VI e la teologia della storia
di Gianni Cioli • Il recente libro a cura di Andrea Riccardi e Augusto D’Angelo: Giorgio La Pira, Abbattere muri, costruire ponti. Lettere a Paolo VI (San Paolo, Cinisello Balsamo 2015), che raccoglie in edizione critica una parte cospicua delle missive indirizzate da La Pira a Papa Montini, costituisce indubbiamente una ricchissima miniera per lo studio storico del Novecento. L’opera risulta altresì una fonte preziosa per cogliere ed interpretare l’affinità e la convergenza sul piano umano, intellettuale e spirituale, pur nelle notevoli differenze, fra due protagonisti della recente storia civile ed ecclesiastica, nazionale e internazionale.
L’amicizia nata negli anni in cui Montini era assistente della FUCI (1925-1933) e si era consolidata quando La Pira, abbandonata Firenze per sfuggire alla polizia fascista, era stato ospite in Vaticano. Il rapporto di conoscenza e stima era stato portato avanti negli anni successivi e – nel periodo dell’Assemblea Costituente – aveva con tutta probabilità trovato un singolare alimento e approfondimento nei frequenti incontri che i “professorini” avevano con monsignor Montini per confrontarsi sulle proposte da portare in assemblea.
Dopo che Montini era divenuto Arcivescovo di Milano La Pira gli aveva preannunciato che sarebbe divenuto papa, e si comprende come si aspettasse molto dalla sua elezione quando questa finalmente si verifico.
Uno dei punti di convergenza fondamentali fra la visione di La Pira e quella di Paolo VI penso che possa essere individuato nella teologia storia, concetto che la Pira evoca sovente nei suoi scritti riferendosi con preferenza, pur senza escludere altri autori come Daniélou, all’opera di Vito Fornari, autore molto amato anche da Paolo VI e sua documentata fonte per l’elaborazione della Ecclesiam suam.
Particolarmente significativo a proposito della sua visione della teologia della storia è un discorso di La Pira del settembre 1962:
È significativa la corrispondenza di questo passaggio con alcuni testi del magistero di Paolo VI ad esempio una catechesi del 1965 che poi verrà fra l’altro citata nel noto n. 45 della Gaudium et spes: «Gesù è al vertice delle aspirazioni umane, è il termine delle nostre speranze e delle nostre preghiere, è il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, è cioè il Messia, il centro dell’umanità, Colui che dà un senso agli avvenimenti umani».
Fra La Pira e Paolo VI si può riconoscere una convergenza di pensiero dovuta certo alla frequentazioni di fonti comuni, come l’opera di Fornari, ma con molta probabilità anche al confronto diretto avvenuto fra i due negli anni della loro reciproca frequentazione fino all’elezione di Montini a Vescovo di Milano e poi a Vescovo di Roma.
Come ha evidenziato Klaus Demmer, nel magistero di Paolo VI, soprattutto in quello relativo alla pace, è ravvisabile una dimensione profetica che si colloca primariamente nella linea dell’insegnamento morale di Gesù sintetizzato nel quinto capitolo del Vangelo di Matteo e che consiste nel manifestare nuove possibilità e migliori alternative per il superamento delle costrizioni conflittuali che affliggono la storia.
Certo dietro alla tensione profetica del magistero di Paolo VI non vi sarà sicuramente soltanto l’influsso di La Pira, ovvero dei colloqui e degli scambi epistolari intercorsi con lui, ma ravvisare la presenza e la rilevanza di tale influsso è del tutto plausibile.
Secondo quanto afferma sempre Riccardi nell’introduzione, «Montini, da papa, condivise le visioni di La Pira in modo molto più intenso di quanto non si sia finora notato» (p. 26).