di Giovanni Campanella • C’era una volta (e c’è ancora) il razionalismo. Questo personaggio ha sempre più o meno accompagnato l’uomo lungo tutta la sua storia. Però, alla fine del medioevo, tale personaggio prende sempre più campo, anche in legittima risposta a certe storture superstiziose (può accadere effettivamente che il sonno della ragione generi mostri). Durante l’Illuminismo è messo sopra un alto piedistallo dorato. Come quasi tutti gli “ismi”, i suoi semi fanno spuntare erbe poco salutari per il cammino di autocomprensione dell’uomo.
Kant aveva fatto della ragione una dea. Nel suo pensiero, Dio stesso è al servizio della ragione ed è assai poco conveniente che Egli esca dal campo di osservazione di questa. Come si evince da quanto scritto a F.H. Jacobi il 30 agosto 1789, la Sacra Scrittura ha fatto un ottimo servizio all’uomo e alla sua ragione: «si può infatti tranquillamente credere che, se il Vangelo non avesse insegnato prima le leggi etiche universali nella loro integra purezza, la ragione non le avrebbe conosciute nella loro compiutezza». Bravo Vangelo. Ma prosegue: «sebbene adesso, dato che ormai esistono, ognuno può esser convinto della loro giustezza e validità mediante la sola ragione». Tanti saluti Vangelo; grazie del servizio e a non rivederci: la sola ragione ci basta ….
Come se un Uomo, di cui questi racconti ci parlano, non sia ancora vivo e non agisca sempre in mezzo a noi, indefesso, continuando a incontrare persone, lasciandole alla sprovvista, trasformando la loro vita e rendendo esse stesse veicolo di Sé Stesso ….. veicolo non di un valore o non solo di un valore ma prima e soprattutto di Una Persona che agisce nell’uomo.
La riduzione del cristianesimo a pedagogia e legalismo è stato poi un cliché ricorrente che è servito per meglio “educare” le coscienze (basti pensare al cristianesimo come importante ma temporanea anticamera alla più importante filosofia, di gentiliana memoria) o per esporlo più facilmente ad attacchi (spesso legittimi, oserei dire) da parte di detrattori.
Fortunatamente, lo Spirito non pensa nemmeno lontanamente a farsi mettere al guinzaglio e suscita, testardo, santi e uomini di buona volontà dentro e fuori della Chiesa, che vanno subito al nocciolo del problema. Bene i valori ma …… sorgente zampillante rimane sempre e solo Un Incontro. Uno di questi uomini che hanno fatto di Un Incontro pre-razionale con Gesù la propria fonte di pensiero e azione è Don Luigi Giussani. Sotto la sua spinta, nasce la Fraternità di Comunione e Liberazione (CL), associazione universale di fedeli approvata ed eretta in persona giuridica dalla Santa Sede l’11 Febbraio 1982. Caratteristica fondamentale della Fraternità è rendere quotidiana la memoria dell’avvenimento di Cristo e lasciare che esso trasformi tutta la vita, compresi lavoro e affetti, per poi trasfigurare tutto il mondo.
Dopo la morte di Don Giussani avvenuta il 22 febbraio 2005, il testimone è passato a Don Julián Carrón. In un libro intervista (Dov’è Dio, pubblicato da Piemme nell’ottobre 2017) con Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa, Carrón spiega che il 27 marzo 2004 proprio Giussani lo aveva indicato come successore al consiglio nazionale di CL (cfr. p. 115). All’inizio il cardinale Varela, arcivescovo di Madrid, non acconsentì al trasferimento di Don Carrón. Successivamente lo stesso papa Giovanni Paolo II, sollecitato da Giussani, chiese all’arcivescovo di acconsentire e così Carrón poté stabilirsi a Milano (cfr. p. 113).
Il servizio della ragione è essenziale. Ma anche il cuore ha le sue ragioni essenziali, senza scadere nel sentimentalismo. Andrea, il «Πρωτόκλητος», il primo chiamato, che ricordiamo in questi giorni e che insieme all’apostolo Giovanni è figura tanto cara e ricorrente nelle catechesi di Giussani e Carrón, parla per primo di Gesù al fratello Simon Pietro.
«Come accade a ciascuno di noi: siamo colpiti e cambiati da un incontro, da volti che rendono presente Gesù. Per alcuni pensatori razionalisti, come Rousseau, ci sarebbero troppi mediatori tra noi e Gesù per poterne appurare la verità. Non è vero. Fra me e Gesù c’è il volto di una persona in cui risplende il riverbero del Vangelo, in cui si rende sperimentabile la verità che io stavo aspettando, la risposta alle esigenze del mio cuore. Cristo mi raggiunge adesso, proprio come Pietro è stato raggiunto da suo fratello, attraverso il volto cambiato di una persona, di fronte alla quale sorge irrefrenabile una domanda: “Ma tu perché sei così, perché vivi così?”. Duemila anni dopo posso fare esperienza del Verbo che si è fatto carne e ci ha donato la vita, e continua a camminare in mezzo a noi (pp. 107-108).