San Porfirio di Kafsokalyvia, ovvero, il luogo della lotta spirituale dei sofferenti

La chiesa ortodossa di Costantinopoli guarda con interesse e devozione a tale figura, i cui scritti sono stati recentemente pubblicati in Vita e detti di san Porfirio. “Perché tutti siano uno” (Lipa, Roma 2017, 258 pp.). Evidenziando proprio lo specifico aspetto della lotta spirituale si è espresso il patriarca ecumenico Bartolomeo I in un messaggio posto in apertura del volume: «san Porfirio ha percorso con forza e pazienza la strada in salita, ma gioiosa, della vita monastica e ha sostenuto il combattimento spirituale per la salvezza in Cristo non solo di se stesso, ma anche della moltitudine dei piccoli fratelli del Signore che accorrevano a lui».

Gv 17,11).

L’amore a Cristo, l’assunzione del tutto in sé, fa sì che Egli «trasformi» questo tutto, rendendo il soggetto “luogo” di tale trasformazione cosmica. Allo stesso tempo, infatti, Porfirio prega per gli altri: «pregate per quelli che vi accusano. Dite: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me”, non: “abbi pietà di lui”, e verrà incluso nella preghiera anche colui che vi accusa. Qualcuno vi dice qualcosa di spiacevole? Dio lo sa. Aprite le vostre braccia a Dio dicendo: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me”, facendo dell’accusatore una cosa sola con voi stessi. E Dio, conoscendo cosa c’è che tormenta il vostro accusatore nel profondo e vedendo il vostro amore, si affretterà a venire in aiuto».

Ecco due aspetti che dicono la grandezza del monaco che voleva fare l’eremita e che ha vissuto immerso tra i fratelli sofferenti. L’aver compiuto con loro, in loro e per loro, il combattimento spirituale, cioè, l’essersi fatto, di tale lotta, “luogo”, e di questa averne illuminato il significato: dare «soddisfazione» a tutto ciò che è nell’uomo, convogliarlo, cioè, «a un livello superiore, in Dio», in breve, guardare Cristo.