di Carlo Nardi • Tra i sette doni dello Spirito Santo c’è quello del consiglio. Essendo dono, è nell’ambito della grazia, della carità in senso teologale che ha Dio come origine e fine, come fonte e motivazione. Lo si riceve nel battesimo ed è rafforzato nella cresima. Si ricorda, a questo proposito, la preghiera d’invocazione, detta epiclesi, da parte del vescovo con l’imposizione delle mani prima della crismazione, quando s’invoca tra i sette doni anche quello del consiglio. Rispetto alla virtù umana, morale, cardinale, ‘classica’ – da Platone in poi – della saggezza, talora detta ‘prudenza’, definita come ‘retta ragione delle cose possibili a farsi’ (recta ratio agibilium), si potrebbe dire l’arte del possibile, c’è anche un dono del consiglio. A quale scopo? In concreto, sana la persona in carne ed ossa, perché facilmente l’accortezza umana si muta in astuzia o furbizia che a rigor di termini non sono più virtù. E non solo corregge, ma anche rafforza la vera saggezza nel soggetto concreto e la eleva da virtù umana in certo senso a divina, quella che, almeno implicitamente, opera per ragioni di fede, nella prospettiva della speranza cristiana, con quella carità che, – c’è bisogno di ricordarlo? – è innanzi tutto dono di Dio. HIC HIC
Qual è lo scopo di questo specifico dono del consiglio? Direi: vedere, giudicare e agire, qui e ora. In definitiva, dire e fare così come direbbe e farebbe Gesù al mio posto.
Il dono è ricevuto col battesimo e rafforzato nella cresima. E’ mortificato, come dire paralizzato dal peccato grave e da quell’abitudine al peccato che si chiama vizio. E’ ravvivato dallo Spirito Santo col dono della sua grazia, quell’<<amore di Dio effuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è donato>> (Rom 5,5), che è quanto si deve intendere per ‘carità’. È esercitato nel concreto consigliare.
Ma perché e dove consigliare? Consigliare per solidarietà umana e cristiana, – siamo tutti sulla stessa barca: quindi anche non richiesti, certo con discrezione -, personalmente, in sede debita, per ufficio. Il dono del consiglio lo si esercita nell’elaborazione delle decisioni, nella cosiddetta cognizione di causa che ci tocca un po’ tutti per non agire a vanvera.
Quando si consiglia bene o, almeno, per benino? Intanto, quando si consiglia senza preferenze di persone, come ammonisce più volte la Bibbia: non perché una cosa la dice quello dev’esser giusta per forza, non perché la dice quell’altro dev’essere sbagliata per forza. Poi, senza essere giudici in una causa che ci riguarda (nemo iudex in causa propria): quant’è facile darci ragione! Piuttosto, c’è meno rischio di sbagliare, quando si pensa che ‘‘ogni cosa vera da chiunque venga detta viene dallo Spirito Santo’’ (s. Ambrogio? s. Tommaso d’Aquino). In una parola, si consiglia bene, avendo davanti agli occhi solo Iddio, e Lui solo è grande, almeno molto di più del nostro cervello o dei cervelli umani.
E, per non far perdere tempo, si consigliano cose nell’ambito del possibile: un uomo non può augurarsi d’avere in moglie Venere, diceva, se ben ricordo, un poeta greco. Nel campo del possibile si consiglia ‘la cosa più onesta e la più generosa’: è un criterio formulato dal Manzoni, quanto mai opportuno, coscienziosa applicazione umana di quel dire o fare quel che direbbe o farebbe Gesù al mio posto. Ascoltiamola, la frase del Manzoni, dalle Osservazioni sulla morale cattolica (cap. 3):
<<Si domandi a un cristiano
quale sia
in ogni caso
la risoluzione più ragionevole e più utile;
dovrà rispondere:
la più onesta e la più generosa>>.
Innanzi tutto ‘la più onesta’, perché ‘non si può fare il male perché ne venga un bene’, che poi non sarebbe generosità per tutti, ma solo per gli interessati.
E si consiglia e si sceglie in vista del bene comune, con particolare attenzione ai più deboli, a chi le proprie ragioni non le può neppure dire, perché appunto le possa dire, le proprie ragioni.