di Stefano Liccioli • «Per favore, non dobbiamo lasciarci vincere dalla “cultura del provvisorio”». Incontrando, il giorno di San Valentino, i fidanzati che si preparano al matrimonio, papa Francesco ha rivolto loro questo invito a non aver paura di fare scelte definitive, di amarsi “per sempre”. Il Santo Padre ha messo così in evidenza uno dei tratti, a mio parere, più caratteristici della società odierna ed in particolar modo del mondo giovanile: il timore cioé di fare scelte per tutta la vita, in un contesto invece dove tutto cambia velocemente e niente sembra durare a lungo. Questa mentalità, tradotta nelle relazioni umane, fa sì che si sia scettici ad esempio sulla possibilità che un matrimonio possa resistere “finchè morti non ci separi”, ripiegando in un più comodo “stiamo insieme finché dura l’amore”. Recentemente già il sociologo Zygmunt Bauman ci aveva messo in guardia dai pericoli di una “società liquida” in cui i cambiamenti avvengono in fretta, in cui tutto è incerto e dunque anche i rapporti umani risentono di questa provvisorietà. In tale contesto ci attende una sfida educativa importante: aiutare i giovani a coltivare relazioni stabili e non “usa e getta”, insegnare loro che l’amore così come l’amicizia per crescere e durare nel tempo richiedono costanza, pazienza e sacrificio, una cura ed un impegno quotidiani. La felicità non starà, dunque, nel rifuggire la routine, inseguendo sempre nuove emozioni (come insegna la società dei consumi), ma nel mantenersi fedeli alle scelte fatte, nel lavorare per far crescere i legami. Legami, appunto, che per essere mantenuti vivi hanno bisogno di dedizione e fatica e che non possono essere assimilati alle semplici e comode connessioni di Facebook. Relazioni in cui non si cerca esclusivamente il bene di se stessi, ma anche quello dell’altro, storie che, se entrano in crisi, non si buttano, come si fa con qualsiasi oggetto difettoso, ma si deve fare lo sforzo di ripararle. Nella mia esperienza d’insegnante cerco di combattere questa mentalità per cui si possano raggiungere gli obiettivi (nello studio, nel lavoro ed appunto anche nei rapporti umani) senza fatica. La scuola è infatti un punto d’osservazione importante sul mondo giovanile, permette di analizzare tutte queste dinamiche, di vederle in atto. Stando a contatto con gli adolescenti si può cosi sperimentare che tendono, ad esempio, a non prendersi impegni a lungo termine, anche nelle cose più semplici, per timore che la scelta di oggi possa precludere occasioni migliori che in futuro potrebbero presentarsi. Essi preferiscono così non vincolarsi a delle proposte che li vengono fatte perché domani potrebbe subentrare qualcosa di meglio. In questo quadro capite bene come tra i giovani sia ormai considerata del tutto normale la convivenza, da preferire addirittura al matrimonio proprio perché permette di non impegnarsi fino in fondo, di poter andare a cercare in futuro qualcosa di più promettente che ancora non si è sperimentato, senza dover mettere di mezzo giudici o avvocati. Ritengo che i giovani, oggi più che mai, abbiano bisogno di figure educative autorevoli, capaci di accompagnarli nelle decisioni che devono compiere, senza ovviamente sostituirsi a loro. Accompagnando una quinta all’esame di maturità posso percepire con quale “timore e tremore” guardino al loro futuro, anche professionale, alle scelte che devono compiere. Come educatori non possiamo esimerci da questo compito di stare vicino a ragazzi e ragazze negli snodi importanti della loro vita, di farli capire, come suggerisce Kierkegaard, che il mantenersi fedeli alle proprie scelte è meglio di lasciarsi vivere e sedurre da tutte le varie occasioni che si possono presentare.