Quattro prospettive per un cammino ecumenico

sett-ecumdi Andrea Drigani • In un recente articolo su «L’osservatore romano», il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha ricordato che Papa Francesco ha espresso, sin dall’inizio del suo pontificato, la ferma volontà di proseguire, sulla scia dei suoi predecessori, il cammino del dialogo ecumenico. Ma insieme alla consapevolezza di trovarsi in continuità con chi lo ha preceduto, Papa Francesco – scrive il cardinale Koch – ha pure indicato, in una serie di interventi, la propria visione ecumenica. Una visione nella quale, secondo Koch, sono riconoscibili quattro dimensioni fondamentali. La prima dimensione è quella dell’«ecumenismo della carità, della fratellanza e dell’amicizia», nel senso di promuovere una cultura che punti all’incontro diretto tra i cristiani e la varie Chiese e Comunità ecclesiali, un incontro che comporti anche la disponibilità di riconoscere in maniera autocritica le proprie debolezze e di ammettere con umiltà i propri peccati. La seconda dimensione – continua il cardinale Koch – riguarda l’«ecumenismo della verità», precisando che il dialogo teologico è importante, ma deve essere nutrito dalla fede, dalla speranza e dall’amore, per generare una vera scientia Dei, partecipazione allo sguardo che Dio ha di se stesso e su di noi. Nella dichiarazione comune, del maggio 2014, Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo hanno ribadito che il dialogo teologico non cerca un minimo comune denominatore, ma si basa piuttosto sull’approfondimento della verità tutta intera, che Cristo ha donato alla Chiesa e che si deve sempre comprendere meglio. Koch annota che Papa Francesco ha utilizzato un’espressione, già usata da San Giovanni Paolo II, quella dello «scambio di doni» per conoscere a fondo le reciproche tradizioni teologiche e, talora, anche per apprendere da esse. Una terza dimensione può essere denominata dell’«ecumenismo pratico», nel quale si tenta di fare tutto ciò che può essere fatto insieme. La collaborazione tra le varie Chiese e Comunità ecclesiali è urgente soprattutto alla luce delle grandi sfide del nostro tempo, come l’impegno a favore dei poveri e della salvaguardia del creato, la promozione della pace e della giustizia sociale, la difesa della libertà religiosa e la tutela del matrimonio e della famiglia. Ma oltre ad agire insieme è importante pregare insieme. Il cardinale Koch rammenta che Papa Francesco più volte ha manifestato la convinzione che non si può fare l’unità dei cristiani con le nostre sole forze, ma la si riceve in dono dallo Spirito Santo, che è la fonte divina e il motore trainante dell’unità. L’impegno per l’unione dei cristiani risponde, in primo luogo, alla preghiera di Gesù e si basa essenzialmente sulla preghiera. La quarta dimensione, annota il cardinale Koch, è quella dell’«ecumenismo del sangue». Con questa definizione Papa Francesco si riferisce alla tragica realtà, che ci viene dal mondo moderno, in cui moltissimi cristiani sono vittima di massicce persecuzioni e le comunità ecclesiali sono diventati Chiese di martiri al punto che oggi si hanno più persecuzioni contro i cristiani rispetto ai primi secoli. I cristiani sono perseguitati non perché cattolici o ortodossi, protestanti o pentecostali, ma perché cristiani. Il martirio è ecumenico. «Se il nemico ci unisce nella morte – ha detto il Papa – chi siamo noi per dividerci nella vita?». Come la Chiesa delle origini era convinta che il sangue dei martiri fosse seme di nuovi cristiani, così noi dobbiamo essere animati dalla speranza che il sangue di così tanti martiri si riveli un giorno seme di piena unità ecumenica del Corpo di Cristo. Il cardinale Koch conclude che Papa Francesco esercita un primato ecumenico, convinto che non si capirebbe pienamente il ministero petrino senza includervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo.