Papa Francesco, l’Europa e l’Italia dei corrotti
di Antonio Lovascio •
Papa Francesco ha fatto chiaramente intendere che non vuole immischiarsi nelle vicende politiche italiane, impegnato com’è a rinnovare la Chiesa e a riformare la Curia Vaticana, per renderla un “motore” moderno, efficiente e credibile al servizio di una missione universale. Ma il suo sguardo è attento a cogliere i segni dei tempi, e, pur affrontando sempre i problemi emergenti in un’ottica mondiale, con coraggio e lungimiranza denuncia e indica la strada per vincere alcune sfide, affrontare alcune “piaghe” fisiologiche che affliggono l’Italia. Prendiamo uno dei mali correnti: la corruzione. Che aumenta l’ingiustizia sociale e la povertà. Papa Francesco con i suoi “anatemi” contro la “dea tangente” ha anticipato addirittura l’Europa, che in questi giorni con un severo Rapporto della Commissione (il governo Ue) ha messo il nostro Paese sul banco degli accusati, prendendo per buone la stima fatta nel 2012 dal nostro Ministero della Funzione Pubblica. Dopo la maglia nera dell’evasione fiscale (180 miliardi di euro all’anno) , ora ci è stata assegnata anche quella delle “mazzette”. Sessanta miliardi di “fatturato”, la metà di quella globale europea. Quattro punti di Pil, l’indice che misura la crescita economica. Dati pesantissimi : negli appalti ben il 40 per cento andrebbe via in “spese” per “bustarelle”, e a rischio sarebbero grandi opere come le opere i post sisma dell’Aquila, l’Expo Milano 2015, la Tav Torino Lione.
Papa Francesco, con la rapidità del Pastore di razza, ha “fiutato” l’entità e la pericolosità di questo fenomeno italiano. E fin da novembre, durante la quotidiana messa nella Casa di Santa Marta, ha cominciato a tuonare contro la corruzione, che “toglie dignità, è un peccato grave “. Pregando per i tanti giovani che ricevono il «pane sporco» dai genitori, vale a dire i guadagni frutto di malcostume. «Perché si incomincia forse con una piccola bustarella – sottolinea Bergoglio – ma è come la droga, non si smette. E’ un seme infetto del demonio>. Per rendere ancor più completo e stimolante il pensiero del Papa, la casa editrice Emi ha appena pubblicato un libro snello ma incisivo (64 pagine, 6 euro), scritto proprio da Bergoglio prima di diventare Pontefice, dal titolo significativo: “Guarire dalla corruzione”. Una mala pianta che ha invaso la politica, l’economia, la società, e che minaccia anche la Chiesa. Il tema non è trattato dal punto di vista economico o sociologico, bensì scendendo alla radice: il cuore umano, che si attacca a quello che crede essere il suo tesoro. È lì che si annida il cancro della corruzione, che è qualcosa di diverso dal peccato. Tanto che l’illustre autore invita il lettore a una «scelta» di fondo: «Peccatore, sì. Corrotto, no!». Tanto da far dire a Papa Francesco che per il peccato c’è sempre perdono, per la corruzione, no. O meglio: dalla corruzione è necessario guarire. Ed è un cammino faticoso, dove persino la parola profetica stenta a far breccia. Una meditazione morale profonda, alla luce della parola di Dio e della spiritualità di sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti (l’ordine cui appartiene il nuovo Papa), che mette tutti noi davanti ad alcuni aspetti del deterioramento morale su cui meno si riflette. E ci scuote evidenziando l’urgenza di una decisione: quella di non rimanere complici di una vera e propria «cultura» della corruzione, dotata di una sua «capacità dottrinale, linguaggio proprio, modo di agire peculiare».
Questa la “diagnosi” e la conseguente “ricetta” di Papa Francesco. Ora tocca alla politica italiana trovare nuove concrete soluzioni. Perché l’Europa boccia anche la legge anti-corruzione del 2012, giudicata “insufficiente”, a parte le norme sull’incandidabilità che hanno portato alla decadenza “di un ex premier” (Berlusconi). E con essa censura tutto il sistema delle leggi “ad personam” – lodo Alfano, ex Cirielli, depenalizzazione del falso il bilancio, legittimo impedimento, espressamente citati nel Rapporto Ue, salvo la legge sulla prescrizione (troppo corta!) tante volte richiesta dalla Ue – che ha frenato il varo di “buone leggi” . Indispensabili per far camminare la macchina della Giustizia e accelerare i processi in attesa di giudizio (9 milioni): si contano infatti 5.257.693 “fascicoli” pendenti in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale! Con le (tanto promesse) Riforme, bisognerà eliminare una fin troppo palpabile anomalia italiana: i legami tra politica, criminalità e imprese. Confermati dai numerosi amministratori pubblici indagati, dai 201 consigli comunali sciolti (di cui 28 per mafia), dai 30 deputati sotto inchiesta per corruzione e finanziamento illecito. Poi non dobbiamo stupirci se il 97 per cento degli italiani considera la corruzione il male del Paese e il 42% dichiara di “incontrarla” personalmente ogni giorno.
NUMERO DI APRILE 2014