Thomas Merton, una spiritualità inquieta
di Carlo Parenti • L’eredità culturale e spirituale di Thomas Merton (1915-1968), a mezzo secolo dalla scomparsa, non tende a spegnersi, persistendo una miriade di studi intorno alla sua imponente opera che spazia in ambiti diversificati come la mistica cristiana, la vita contemplativa, il rinnovamento monastico, l’azione sociale, le varie religioni nel mondo e la condizione intima dell’uomo indagata anche attraverso un’ampia produzione poetica. Affrontare la sua figura significa seguire gli stessi percorsi apparentemente indipendenti della sua scrittura, che trovano l’elemento unificante nella volontà di mettere in luce le esigenze latenti di un’umanità confusa, esiliata dalle verità più profonde. Attraverso il pellegrinaggio geografico e spirituale di Merton si coglie l’archetipo dell’uomo in una continua ricerca, che fa esperienza di Dio nella vita contemplativa per porsi poi in quello stato di irrilevanza, di marginalità che facilita la genuina apertura verso altri mondi, altre culture, verso una moltitudine di persone che possono far confluire le differenze in un’antica, originaria unità.
Papa Francesco, il 25 settembre del 2015, in occasione della visita all’Assemblea plenaria del Congresso degli Stati Uniti d’America -durante il suo viaggio apostolico-, indicò Merton come dei quattro americani a cui guardare perché «… resta una fonte di ispirazione spirituale e una guida per molte persone». E aggiunse: «Merton era anzitutto uomo di preghiera, un pensatore che ha sfidato le certezze di questo tempo e ha aperto nuovi orizzonti per le anime e per la Chiesa. Egli fu anche uomo di dialogo, un promotore di pace tra popoli e religioni».
apra la riflessione proprio nella direzione voluta e annunciata da papa Francesco. Non solo. Quello che si potrà apprezzare, leggendo il volume , va ricondotto a quel desiderio del santo padre che, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, così enunciava: «Il modo di relazionarci agli altri che realmente ci risana, invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni uomo, che sa sopportare le molestie del vivere aggrappandosi all’amore di Dio» (EG 92). Pensieri, questi, che fanno riecheggiare nei nostri cuori quella mistica di Merton, impastata con la quotidianità del vivere, presente anche in santa Teresa di Lisieux, che il monaco trappista ben conosceva e stimava.
A causa anche del suo costante impegno sociale, Merton dovette sopportare una severa critica da parte di cattolici e non, che attaccarono i suoi scritti ritenendoli di natura prettamente politica o comunque sconvenienti per un monaco. Nel corso degli ultimi anni della sua vita, anche spinto in tal senso dai ricorrenti eventi bellici nel Sud-Est asiatico, maturò un profondo interesse per le culture e le religioni di quelle aree, particolarmente per il Buddismo Zen, volendo promuovere il dialogo Est-Ovest in chiave pacifista. Il Dalai Lama elogiò pubblicamente Thomas Merton riguardo la sua ottima conoscenza del Buddismo, giudicata come la più completa e profonda rispetto ad ogni altro cristiano da lui precedentemente conosciuto. Fu durante un viaggio, per una conferenza sul dialogo monastico tra Est e Ovest, che Merton mori a Bangkok il 10 dicembre 1968, folgorato nella sua stanza da un ventilatore difettoso. Per una triste coincidenza tale data corrisponde al ventisettesimo anniversario del suo ingresso al Gethsemani.