di Gianni Cioli • Sono numerosi i libri su Papa Montini prodotti negli ultimi anni grazie in particolare all’incessante attività dell’Istituto Paolo VI che ha promosso convegni e sostenuto ricerche. Il libro curato da Marco Vergottini e pubblicato dieci anni or sono fra i «Quaderni dell’Istituto» (C.M. Martini, Paolo VI «Uomo Spirituale». Discorsi e scritti (1983-2008), Introduzione e note di M. Vergottini, Brescia-Roma 2008) ha tuttavia un carattere singolare, affascinante e significativo. La raccolta dei discorsi e degli scritti del card. Carlo Maria Martini (1927-2012) sul pensiero, sull’opera e sulla persona di Montini, arcivescovo di Milano e papa, ci consente di considerare la figura di un grande uomo di chiesa attraverso il cuore, il pensiero, le parole e la scrittura di un altro grande uomo di chiesa. Dalle pagine del libro la grandezza di Paolo VI emerge, per così dire, filtrata da quella del card. Martini che la interpreta, la illumina e la esalta.
Come mette in evidenza Vergottini nell’introduzione, pur dovendo certamente ammettere l’incomparabilità fra i due personaggi, se ne può tuttavia riconoscere anche l’affinità, affermando l’esistenza «di una familiarità fra i rispettivi mondi interiori, fino a veder affiorare nell’animo di padre Martini una vera e propria empatia verso la persona del pontefice» (p. IX). Si può dire che l’autenticità delle affinità elettive con il pensiero di Paolo VI ha permesso all’arcivescovo di Milano di affrontare, prendendo occasione da circostanze legate al ricordo del papa bresciano, questioni che gli stavano autenticamente a cuore.
Il libro raccoglie sistematicamente, con il criterio della successione cronologica, gli interventi nei quali il card. Martini ha fatto riferimento a Montini, ricordandolo ora come suo predecessore sulla cattedra ambrosiana, ora come successore di Pietro a servizio della chiesa universale. Interventi di vario genere, non tutti dello stesso spessore: si va dalla prolusione ai convegni organizzati dall’Istituto Paolo VI all’articolo pubblicato su L’Osservatore Romano o su Avvenire; dalla prefazione di un libro all’omelia legata in qualche modo al ricordo di Montini; dalla meditazione tenuta in un ritiro al discorso in occasione del processo rogatoriale per la canonizzazione; dall’intervento alla cerimonia per il conferimento del Premio internazionale Paolo VI al proemio di una lettera pastorale, alla conversazione con un gruppo di pellegrini in terra santa. Solo l’ultimo intervento, Affidamento totale a Dio. Rileggendo il «Pensiero alla morte» di Paolo VI, del febbraio 2008, è stato scritto espressamente per concludere il libro curato da Vergottini.
Il titolo, Paolo VI «uomo spirituale», scelto a quanto pare dallo stesso cardinale, prende spunto dalle parole di un’omelia in cui, rivolgendosi a direttamente al «papa Paolo», Martini afferma: «tu sei stato davvero, secondo l’espressione di s. Paolo, un “uomo spirituale” (1Cor 2,15) che si è sforzato di condurre i diversi momenti della vita in obbedienza allo Spirito e non alla carne» (p.15).
Oltre a quella di «uomo spirituale», Vergottini individua altre tre ‘formule-brevi’ che possono caratterizzare il ritratto di Paolo VI che emerge dalle pagine del libro: «uomo di chiesa», «uomo del Concilio» e «uomo della luce». Montini ha dato infatti, per Martini, l’esempio di «un amore tenace e sofferto per la chiesa, “un amore instancabile e insieme riservato, tenace e forte, quasi pudico, intenso tenero e delicato”». «Nella complessa stagione postconcilare (…) non ha avuto paura della novità del Concilio, ma ha avuto il coraggio di comprendere che, nella profonda transizione epocale in atto, la chiesa non doveva mutare se stessa», ma rinnovarsi «attingendo al suo tesoro per trarre fuori la novità sempre nuova di Cristo Gesù che avvolge e interpella l’uomo di ogni tempo». Secondo il cardinale, poi, «Paolo VI aveva davvero compreso il mistero della Trasfigurazione: “Se Gesù appare trasfigurato o viene intravisto nella sua bellezza sfolgorante (…), allora si può restare pure sulla montagna arida, perché la roccia è come un giardino, la terra sembra il cielo”» (pp. X-XI).
Spigolando fra le pagine del libro ci si accorge che non sono pochi i temi cari a Montini che Martini ha riconosciuto come particolarmente congeniali alla propria spiritualità e alla propria sensibilità pastorale. Fra questi sono da sottolineare in particolare il cristocentrismo, di cui Montini appare un antesignano (cf. pp. 74-75), «lo sforzo di ripensare nuove e adattate presenze di chiesa nella società» (p. 75) e la meditazione sul mistero della morte, su cui il cardinale ritorna spesso, citando il famoso Pensiero alla morte riportato anche in appendice al volume (pp. 175-179). Ma c’è un tema genuinamente montiniano, il dialogo (cf. l’enciclica programmatica Ecclesiam suam), che, forse più d’ogni altro, ha caratterizzato la riflessione e lo stile pastorale dell’ormai emerito arcivescovo di Milano. «Dobbiamo approfondire lo spirito del dialogo», diceva Martini nel 1989. «Su questo punto, dopo un primo grande entusiasmo, si è registrata una sorta di raffreddamento (…). Non deve trattarsi di dialogo fittizio, nel quale fingo di ascoltare per poi fare accettare il mio parere; e non deve trattarsi neppure di dialogo eclettico o scettico, in cui si scambiano le idee sapendo già che non si arriva in fondo alla verità. Per dialogare occorre partire dalla chiarezza della propria identità, per poter ascoltare l’altro con la fiducia che è veramente possibile scambiarsi dei beni» (p. 89). Rifacendosi «ad alcune proposte di Montini a proposito di ciò che (…) possiamo anche imparare, dialogando, da chi nega Dio», Martini, come egli stesso ricorda, volle promuovere fra l’altro la Cattedra dei non credenti, un’originale iniziativa che nell’arco di 15 anni (1987-2002) ha permesso di realizzare incontri tematici «rivolti a persone in ricerca disposte a interrogarsi sui dubbi e le ragioni della loro vita» (pp. 77-78).
Certo, come si è accennato, non tutte le pagine sono attraversate dalla medesima passione e alcuni interventi sembrano risentire del tono celebrativo legato alla circostanza. È improbabile, tuttavia, che alla fine del percorso il lettore si trovi deluso: il libro, attraverso l’intreccio del pensiero di due figure tanto eminenti, offre stimoli veramente preziosi sia per l’indagine e la curiosità storica che per la riflessione spirituale.
La comprensione circostanziata dei fatti, delle istituzioni e delle persone a cui gli interventi di Martini fanno ogni volta riferimento è resa possibile dal ricco e preciso apparato delle note a piè di pagina che Vergottini ha curato con l’aiuto di diversi collaboratori. Risulta molto utile anche l’indice dei nomi che conclude l’opera.