Anselmo d’Aosta: l’esistenza di Dio, la preghiera, la vita

È decisivo proprio questo all’inizio dell’opera che mostra lo sforzo di Anselmo di cercare l’unico argomento su Dio: che questo medesimo unico argomento non può essere donato che da Dio stesso. In altri termini, la preghiera accorata che di fatto occupa l’intero primo capitolo del Proslogion, mostra che Dio è ad un tempo oggetto della conoscenza e soggetto della stessa: Egli è Colui che viene conosciuto, ma ancora prima è Colui che rende possibile la sua conoscenza. Solo se Dio si rivela, l’uomo può giungere a quell’unico argomento tanto desiderato. La conoscenza su Dio, la risposta alla quaestio de Deo, an sit acquista allora la forma di un’illuminazione soprannaturale, la forma della rivelazione e della grazia.

La tradizione cristiana ha usato la categoria dell’imago Dei per rappresentare il vincolo di comunicazione tra Dio e l’uomo: l’uomo può entrare in relazione con Dio, perché possiede in se stesso l’immagine creaturale che rimanda all’essenza di Dio. E non casualmente questa categoria compare proprio nel primo capitolo del Proslogion, da cui abbiamo tratto la preghiera che sopra abbiamo presentato: «Riconosco, o Signore, e te ne ringrazio, che hai creato in me questa tua immagine affinché, memore di te, ti pensi e ti ami. Ma questa immagine è così cancellata dallo sfregamento dei vizi ed è così offuscata dal fumo dei peccati, che non può fare ciò per cui è stata fatta, se tu non la rinnovi e la riformi» (cap. I). Questo brano di poco successivo a quello che apre l’articolo, ci aiuta a fare ulteriori considerazioni.

L’uomo è posto nella propria vita in una dialettica fondamentale, che lo colloca come sospeso tra la capacità costitutiva e l’incapacità funzionale di conoscere l’esistenza di Dio: ha lo strumento, il modo per conoscere Dio, ma vive nella condizione di non poterlo usare. L’Anselmo monaco, abate e pastore di una comunità, l’Anselmo che vive l’esperienza della lacerazione e del peccato, della fragilità e del cammino nella regio dissimilitudinis – la “regione della dissomiglianza”, secondo la formula assai diffusa alla sua epoca – sa che l’uomo è posto tra capacità e incapacità. Per questo la preghiera del credente che chiede la verità su Dio, deve chiedere innanzitutto la purificazione e il rinnovamento della propria immagine, a cui Dio svela se stesso e la sua esistenza.