di Antonio Lovascio · Nonostante il senso di responsabilità della stragrande maggioranza dei nostri connazionali, convinti che il Servizio Sanitario tutto sommato abbia saputo gestire la pandemia, gli ultimi due anni di emergenza hanno messo a nudo alcune falle del Sistema Italia. Con il pesante fardello del boom della povertà assoluta, raggiunta ormai da tre milioni di famiglie, le aspettative sociali deluse lasciano spazio all’anti-scienza e al complottismo, con i guru dei negazionisti più irriducibili che spesso diffondono sui Social, nelle tribune televisive e sui giornali pratiche astrologiche che inquinano il dibattito. Che deve partire da un presupposto: la scienza non può dare certezze, i ricercatori in campo medico fanno esperimenti, verificano ipotesi e consigliano comportamenti sulla base dei risultati ottenuti.
Deve perciò far riflettere la “fotografia” confermata dal cinquantacinquesimo Rapporto del Censis, da cui emerge che per il 5,9% degli italiani il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile e per il 31,4% chi si vaccina fa da cavia. L’Istituto di ricerca fondato da Giuseppe De Rita registra come “l’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale, sia le posizioni scettiche individuali, sia i movimenti di protesta che nel 2021 hanno infiammato le piazze, e si ritaglia uno spazio non modesto nel discorso pubblico, conquistando i vertici dei trending topic nei social network, scalando le classifiche di vendita dei libri, occupando le ribalte televisive”.
La tesi cospirazionistica del “gran rimpiazzamento”, come lo definisce il Censis, ha contagiato il 39,9% degli italiani, certi del pericolo della sostituzione etnica: “identità e cultura nazionali spariranno a causa dell’arrivo degli immigrati, portatori di una demografia dinamica rispetto agli italiani che non fanno più figli, e tutto ciò accade per interesse e volontà di presunte opache élite globaliste”, si legge nel Rapporto. Questa fuga dalla razionalità non riguarda solo il Covid: il 19,9% degli italiani considera infatti il 5G uno strumento molto sofisticato per controllare le menti delle persone; il 5,8% è sicuro che la Terra sia piatta e il 10% è convinto che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna.
Non osiamo entrare nel merito di queste teorie, non avendo tra l’altro la competenza specifica per ribattere sul piano scientifico Del resto, lo ha fatto con grande autorevolezza Monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica e della Fondazione per la sanità cattolica, e quindi uno dei più stretti collaboratori di Papa Francesco. Intervenendo il 27 dicembre alla trasmissione “In Onda” su La7. Quando ha ripreso alcuni concetti già espressi nel libro Nel cuore della vita. Idee per prendersi cura del mondo (Solferino, pagine 256, euro 17,50). Così il filoso-teologo ha spiegato che il principio che indirizza la storia a partire dalla Modernità non è più la Provvidenza, ma il Progresso. Il modello culturale prevalente, si traduce oggi sul piano filosofico nel soggettivismo radicale per poi sfociare a livello esistenziale nell’individualismo libertario. E la paura del “contagio fa sì che gli uomini si isolino gli uni dagli altri”, come direbbe Canetti. In un contesto segnato dall’emergenza sanitaria, non stupisce il fatto che il Vescovo originario di Cerignola , il cui impegno quotidiano è orientato a preoccuparsi del bene dell’uomo e della società, si sia concentrato sulla ricerca degli “anticorpi” necessari per il recupero dell’autenticità dell’uomo e il rilancio di idee per prenderci cura del mondo, “Riportandoci nel cuore della vita e contribuendo a farci scoprire chi siamo, ma soprattutto chi potremmo essere e chi vogliamo ancora diventare” . Infatti, nonostante i riduzionismi antropologici il pensare filosoficamente strutturato vive come forza di opposizioni, a tutela della persona e delle sue libertà. Galantino non demonizza la turbolenza dell’acquiescenza acritica del presente. Anzi afferma che “Il paradigma della complessità sfida l’intelligenza e accresce il senso di responsabilità”. In definitiva, si potrebbe dire, parole chiare e forti. E chi vorrà leggere questo prezioso saggio troverà tanti spunti per vaccinarsi dalla “patologia della fretta, impegnati come siamo ad accumulare informazioni e sensazioni, senza trovare il tempo o il coraggio per elaborare, interpretare, confrontare e personalizzare il vissuto”. Questo naturalmente vale anche per gli operatori dei Media, che hanno un ruolo importante nel raccontare le azioni contrasto alla pandemia.