di Antonio Lovascio · Dal “sindaco santo” a Papa Francesco. Firenze continua la sua missione di “città sul monte” per favorire la pace purtroppo ancora lontana. Se fu un fatto storico l’idea di Maometto V, attuata da Giorgio La Pira,di riunire a Firenze in Palazzo Vecchio (1958-1964) i rappresentanti di tutti i popoli mediterranei per favorire – “Spes contra spem” – la loro pacificazione, si preannuncia come un evento di rilevanza mondiale il doppio summit di 50 vescovi e 100 sindaci dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sulla sponda europea e su quella nordafricana, oltre che in Medio Oriente. Invitati rispettivamente dal presidente della CEI card. Gualtiero Bassetti e dal sindaco Dario Nardella a confrontarsi in sedi distinte dal 23 febbraio (i Pastori nel Museo di Santa Maria Novella, i sindaci a Palazzo Vecchio). Trovando però un momento di condivisione alla vigilia dell’incontro con Bergoglio, in programma domenica 27 febbraio, prima nel Salone dei Cinquecento e poi alla Santa Messa nella Basilica di Santa Croce, cui a mezzogiorno seguirà la recita dell’Angelus sulla piazza.
C’è la speranza che da queste conferenze internazionali possa scaturire – come avvenne per i vescovi a Bari nel 2020 – un documento comune sui temi più urgenti: l’immigrazione, il dialogo tra le religioni, le disuguaglianze economiche tra le diverse aree, accentuate dalla pandemia Covid. Per far prevalere le sollecitazioni alla fratellanza sui rischi di uno scontro tra civiltà. Tematiche che verranno affrontate partendo dall’ottica della cittadinanza. La Pira era infatti persuaso che occorresse “unire le città per unire le nazioni”, come spesso ripeteva. Parole che aiutano a capire cosa vuol dire Papa Francesco quando chiede a tutti di avere uno sguardo contemplativo sulla città, perché certamente questa contemplazione del Signore può essere popolata dai volti, dalle storie, dalle sofferenze che si incontrano ogni giorno. Non è utopia.
Anche l’Europa, non solo l’Italia, è direttamente interessata a questo evento ed è quindi auspicabile si possa sentire la sua voce univoca e non più balbettante, con una chiara assunzione di impegni concreti. Seguendo appunto l’esempio profetico di La Pira, innamorato di Dio e per questo innamorato dell’uomo, mistico e concreto come deve essere un cristiano, che cerca il cielo e per questo trova la terra. Sempre pronto ad un esercizio alto di Carità. Il Professore proclamato Venerabile non accetterebbe certo che il Mare Nostro sia ridotto ad un cimitero, attraversato da un muro di divisione invisibile e tragico o che l’altra sponda, che è anche quella nostra, sia teatro – da anni! – di violenze inaudite, con complicità e cause da cercare lì, certo, ma anche in quest’altra riva! Che pena avrebbe e come si dannerebbe a cercare soluzioni e incontri come quello ora promosso dalla CEI con il supporto della Chiesa fiorentina, che per la terza volta si appresta ad accogliere Papa Francesco, dopo la partecipazione al Convegno nazionale CEI del 2015 e la visita del 2017 a Barbiana sulla tomba di don Milani. Come ha spiegato l’arcivescovo card. Giuseppe Betori, la Comunità diocesana avrà l’occasione di raccontare la sua storia ai vescovi delle città mediterranee negli appuntamenti pomeridiani o serali pubblici (oltre a quello riservato in Cattedrale ed al Museo dell’Opera del Duomo) che avranno con la città in luoghi significativi di spiritualità. Accompagnati da volontari delle aggregazioni laicali cattoliche, raggiungeranno la Basilica di San Marco (dove c’è la tomba di La Pira), la Santissima Annunziata (per approfondire alcune figure carismatiche del Novecento come Dalla Costa, don Facibeni, don Milani e don Barsotti per i quali sono aperte cause di canonizzazione), la Basilica di Santo Spirito (ecumenismo e dialogo interreligioso), quella di San Lorenzo (la Carità a Firenze) e infine l’Abbazia di San Miniato al Monte per una veglia di preghiera promossa dalla Comunità Benedettina e dalla Fraternità Monastica di Gerusalemme.
La Comunità ecclesiale italiana sarà chiamata a dare una prova di cosa significa “essere una Chiesa che serve, che esce di casa e dai suoi templi, dalle sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità […] per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione” (FT 276). E Firenze, ricordando quella che è stata ai tempi di La Pira, davanti ai rappresentanti delle città del Mediterraneo dovrà dimostrare di non essere solo un deposito straordinario di storia e bellezza, ma tuttora un luogo ideale di dialogo, solidarietà ed amicizia, dove tessere i tanti fili indispensabili per rattoppare un mondo così diviso e incomunicabile.