I magi e l’unità dei cristiani

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di Alessandro Clemenzia · “Camminiamo verso l’unità”. È proprio il temine “cammino” a mettere insieme due realtà, assai distanti, quali l’itinerario dei Magi e la strada percorsa dall’ecumenismo; immagine recuperata da Papa Francesco, il 25 gennaio scorso, nell’omelia dei secondi vespri celebrati nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, in occasione della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, all’interno della LV settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Il cammino è l’esperienza più propria di quel Popolo di Dio che si muove nella storia, dinamica che il termine “sinodalità”, tanto usato in questi ultimi anni, vuole descrivere. Di fronte all’impazienza di chi vuole vedere subito i frutti dei propri sforzi ecumenici, il Papa ricorda che l’unità, quella ardentemente auspicata da Gesù nella sua preghiera, in cui ha chiesto al Padre «che tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21), è un dono verso il quale ci si può solo incamminare, e non un oggetto da afferrare e manomettere.

Tre sono le tappe illustrate da Francesco di quell’itinerario attraversato dai Magi: (1) comincia da oriente, (2) passa attraverso Gerusalemme e (3) raggiunge Betlemme.

Partire da oriente, luogo in cui nasce quotidianamente la luce solare, ci mostra come il desiderio dei Magi li spinga a non accontentarsi del già conosciuto, del già ottenuto, e li muova a imbattersi in un viaggio sconosciuto, che può essere iniziato unicamente da chi è animato «dall’inquietudine della ricerca di Dio». Questa è la prima tappa illustrata dal Papa, quella di non farsi abbagliare dalle tante luci che ci circondano e di non scivolare nella facile tentazione nel credere di brillare di luce propria. Seguire Cristo chiede di saper camminare senza preoccuparsi troppo della lunghezza e della fatica del percorso. In quei tre Magi possiamo cogliere, tanto la distinzione di coloro che seguono l’unico Maestro, quanto l’unità del desiderio che anima ciascuno di loro.

Questo cammino, seconda tappa, passa per Gerusalemme, la città santa. Eppure, proprio quel luogo religioso sembra reagire con turbamento di fronte al desiderio dei Magi di adorare il Figlio di Dio. Il luogo della religiosità, insieme ad Erode, diventa esperienza di resistenza, in quanto si avverte chiaramente la «novità di una regalità diversa da quella corrotta dal potere mondano». È il timore della novità che può essere incontrato anche da coloro che sono orientati verso il raggiungimento dell’unità: l’essere destabilizzati dal nuovo, con il timore che esso possa contaminare un’identità già consolidata. Eppure proprio Gerusalemme è la circostanza in cui i Magi scoprono la strada per giungere a Betlemme, grazie alle indicazioni di sacerdoti e scribi: «I Magi trovano Gesù non solo grazie alla stella, nel frattempo scomparsa; hanno bisogno della Parola di Dio».

Terza ed ultima tappa: i Magi arrivano a Betlemme, entrano nella casa dove giaceva Gesù, si prostrano e lo adorano. Il cammino verso l’unità non può che concludersi con la preghiera, l’adorazione. L’obiettivo ecumenico, dunque, deve puntare unicamente sull’incontro con Dio, davanti al quale è necessario prima di tutto prostrarsi: «Questa è la via, piegarci verso il basso […]. I Magi hanno avuto il coraggio di lasciare a casa prestigio e reputazione, per abbassarsi nella povera casetta di Betlemme». Abbassarsi, lasciare, semplificare: sono gli atteggiamenti richiesti per un autentico e veritiero cammino verso l’unità. Tale povertà interiore, davanti a Dio, si trasfigura in ricchezza, e qui papa Francesco illustra il significato delle offerte dei Magi: oro, incenso e mirra. «Solo dopo aver pregato insieme, solo davanti a Dio, nella sua luce, ci rendiamo davvero conto dei tesori che ciascuno possiede». Eppure, quei doni conferiti dal singolo sono destinati al bene comune: ciò che è offerto dall’io è già all’insegna del noi. Ciò che i Magi offrono è quanto Dio desidera ricevere da ciascuno: l’oro ricorda che Dio deve essere sempre messo al primo posto, e ciò significa che le scelte umane devono fondarsi sui desideri di Dio e non su logiche di politica ecclesiastica; l’incenso richiama l’importanza della preghiera, dinamica in cui ciascuno è per gli altri e con gli altri; la mirra rimanda «alla cura per la carne sofferente del Signore, straziata dalle membra dei poveri».

Questo cammino verso l’unità richiede un ultimo movimento del cuore, compiuto dai Magi: fare ritorno a casa per un’altra strada rispetto a quella intrapresa all’andata, e qui papa Francesco si riallaccia al ala liturgia del giorno, la conversione dell’Apostolo Paolo: «Sì, come Saulo prima dell’incontro con Cristo, abbiamo bisogno di cambiare strada, di invertire la rotta delle nostre abitudini e delle nostre convenienze per trovare la via che il Signore ci mostra, la via dell’umiltà, la via della fraternità, dell’adorazione».

Il cammino ecumenico verso l’unità deve ripartire da questo iter percorso dai Magi. In modo comunitario e in una forma sempre nuova.

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