Chiesa, crisi ed evangelizzazione
di Alessandro Clemenzia · Il movimento spontaneo di chi si trova ad affrontare una crisi profonda è quello di cercare possibili vie di fuga per uscirne al più presto, per ricominciare a vivere un tempo nuovo, disposto soprattutto a dimenticare quel buio soffocante.
A volte, quando le circostanze non permettono di superare una situazione avversa, si è chiamati a fermarsi, rimanendo in essa, per provare a dare un senso a quanto accade. Più che “dare” un senso, sarebbe probabilmente più opportuno parlare di “cogliere” il senso già presente in quella realtà negativa.
Anche la Chiesa, come tante altre realtà (singole o collettive) è immersa in situazioni non sempre favorevoli e accoglienti, e contemporaneamente è chiamata a partecipare alle angosce di tutta l’umanità. Ma come si può realmente “partecipare” alla vita dell’altro?
Qualche spunto di riflessione può offrirlo il discorso tenuto da Papa Francesco (Sala Clementina, 23 aprile 2022) all’associazione “Fiat”, in occasione di un simposio intitolato Sulle orme del cardinale Suenens – Lo Spirito Santo, Maria e la Chiesa.
Richiamandosi all’opera del Cardinale Suenens e di Veronica O’Brien, il Papa ha messo in luce il nucleo portante dell’associazione, sottolineando il suo impegno quotidiano nell’evangelizzazione e citando due frasi di Paolo VI, contenute nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: «La vocazione della Chiesa è evangelizzare» (n. 14) e «la gioia della Chiesa è evangelizzare» (n. 80). Portare il Vangelo a ogni creatura non può essere considerata a un’attività pastorale tra le tante, ma è parte della natura stessa della Chiesa, chiamata ad accogliere l’impulso dello Spirito Santo per scrutare i segni dei tempi alla luce del Vangelo.
Alla luce di questa dinamica, si può comprendere ancora meglio lo “stile” kenotico che la Chiesa è chiamata ad assumere per vivere pienamente l’evangelizzazione in un mondo che «diventa sempre più secolarizzato», dove la guerra e l’odio sembrano talvolta prendere il sopravvento. «Nello sguardo dei nostri fratelli e sorelle vittime degli orrori della guerra, leggiamo il bisogno profondo e pressante di una vita improntata alla dignità, alla pace e all’amore». È dal di dentro e dal di sotto della crisi, e in particolare negli occhi di coloro che non vedono ancora una via di uscita, che germoglia il «bisogno di discepoli convinti nella loro professione di fede e capaci di trasmettere la fiamma della speranza agli uomini e alle donne di questo tempo».
La dimensione missionaria della Chiesa, spiega ancora papa Francesco, non consiste nell’offrire soluzioni ai problemi altrui, ma nel «farci prossimi di coloro che soffrono, aprendo a loro i nostri cuori». È un’immagine molto bella: entrare nello sguardo dell’altro per mostrargli i propri occhi rivolti verso di lui, proprio nel momento in cui tutto sembra crollargli addosso. Continua il Papa: «Dobbiamo camminare con loro, lottare con loro per la loro dignità umana e diffondere dappertutto il profumo dell’amore di Dio». Emerge da qui quella tensione relazionale che appartiene alla natura della Chiesa: il suo essere se stessa nel darsi/donarsi totalmente a ogni creatura e nel dire/presentare la misericordia di Dio.
In questo consiste l’“amore”: cercare il meglio per la vita dell’altro, anteponendo ciò a ogni altro desiderio, divenendo così «testimoni della misericordia, della tenerezza e della bontà di Dio».