di Stefano Liccioli · Nei giorni scorsi sono stati rilanciati da diverse testate giornalistiche alcuni passaggi del colloquio tra Papa Francesco e Mons. Dario Edoardo Viganò contenuto nel libro di questo ultimo “Lo sguardo: porta del cuore. Il neorealismo tra memoria e attualità” (Effatà, 2021). Il Pontefice ha raccontato il suo rapporto con il cinema ricordando come questo sia nato grazie ai suoi genitori:«Quando ero bambino, frequentavo spesso il cinema di quartiere, dove si proiettavano anche tre film di seguito. Fa parte dei ricordi belli della mia infanzia: i miei genitori mi hanno insegnato a godere dell’arte, nelle sue varie forme». Ha anche aggiunto:« Tra i dieci e i dodici anni credo di aver visto tutti i film con Anna Magnani e Aldo Fabrizi, tra cui “Roma città aperta” di Roberto Rossellini che ho amato molto. Per noi bambini in Argentina, quei film sono stati molto importanti, perchè ci hanno fatto capire in profondità la grande tragedia della guerra mondiale […], un dramma che non conoscevamo direttamente, ma è anche grazie al cinema che abbiamo acquisito una coscienza profonda dei suoi effetti». Il Santo Padre si è inoltre soffermato sul neorealismo capace, a suo dire, di toccare la realtà ed il cuore:«Quei film ci hanno insegnato a guardare la realtà con occhi nuovi. Quello neorealista è uno sguardo che provoca la coscienza. “I bambini ci guardano” è un film del 1943 di Vittorio De Sica che amo citare spesso perché è molto bello e ricco di significati. In tanti film lo sguardo neorealista è stato lo sguardo dei bambini sul mondo: uno sguardo puro, capace di captare tutto».
Non è la prima volta che Papa Francesco parla di cinema. Durante l’udienza del dicembre 2019 ai membri dell’Associazione Cattolica esercenti Cinema (ACEC) in occasione del 70.esimo anniversario dell’organizzazione il Santo Padre aveva affermato:«La visione di un’opera cinematografica può aprire diversi spiragli nell’animo umano. Il tutto dipende dalla carica emotiva che viene data alla visione. Ci possono essere l’evasione, l’emozione, la risata, la rabbia, la paura, l’interesse… Tutto è connesso all’intenzionalità posta nella visione, che non è semplice esercizio oculare, ma qualcosa di più. È lo sguardo posto sulla realtà. Lo sguardo, infatti, rivela l’orientamento più diversificato dell’interiorità, perché capace di vedere le cose e di vedere dentro le cose. Lo sguardo provoca anche le coscienze a un attento esame».
Non è neanche la prima volta che un Pontefice dimostra attenzione alla Settima arte. Sempre Mons. Viganò aveva pubblicato circa venti anni fa un interessante volume in cui è esposta, in modo ordinato e cronologico, l’attenzione che i Pontefici e la Chiesa hanno rivolto, attraverso vari documenti, al cinema e, più in generale, sull’universo della cultura. In questa ottica vale la pena ricordare un passaggio dell’Inter mirifica, il decreto del Concilio Vaticano II sugli strumenti di comunicazione sociale tra cui anche la cinematografia:«Con ogni aiuto opportuno si promuova e si assicuri la produzione e la programmazione di film atti a garantire un sano divertimento e pregevoli per valori culturali ed artistici, e innanzitutto di film per la gioventù. Tale aiuto viene dato soprattutto sostenendo e coordinando imprese e iniziative di produttori e di distributori onesti; curando il lancio dei film meritevoli con l’appoggio dei critici e con premi; promuovendo e consociando le sale cinematografiche di gestori cattolici e onesti».
Al di là dei pronunciamenti magisteriali su questo argomento, il cinema è entrato proprio nella vita delle comunità parrocchiali fin dai primi decenni del Novecento. Un connubio contraddistinto anche da elementi di colore. Basti pensare alla proiezione cinematografica usata come ricompensa per ragazzi e ragazze impegnati in certe attività pastorali o al controllo preventivo di alcuni sacerdoti sui film che dovevano essere fatti vedere, un controllo simpaticamente rappresentato, ad esempio, da Tornatore in “Nuovo cinema Paradiso”.
L’attenzione che la Chiesa ha avuto ed ha ancora oggi per il mondo del cinema non deve mai venire meno, soprattutto in un contesto come quello attuale dove la comunicazione attraverso le immagini è sempre più pervasiva, capace di raggiungere molta gente anche mediante piattaforme digitali. Allo stesso modo la realizzazione e la fruizione dei prodotti cinematografici, pur essendo molto cambiata nel tempo, non ha perso la sua importanza presso il pubblico, neanche tra quello più giovane. Sono a tal proposito particolarmente opportune tutte quelle iniziative (ad esempio il corso d’educazione all’immagine promosso da Acec Toscana) che vogliono aiutare le persone, soprattutto le nuove generazioni, a sapere leggere criticamente cortometraggi, lungometraggi ed i nuovi tipi di realizzazioni video. Considerati i rapidi cambiamenti del linguaggio audiovisivo, un supporto particolare deve essere sempre dato ai formatori per educarli ad educare anche attraverso il cinema.