Una Chiesa di tutti e per tutti
di Carlo Nardi · La Chiesa delle origini ha cercato sempre di farsi capire da tutti. Nel Mediterraneo orientale ha tradotto la bibbia in greco, la lingua parlata e capita in quel tempo. Ai tempi di papa Vittore (189-198) il culto a Roma è nella lingua che tutti capiscono, il latino appunto. Nel terzo secolo la Bibbia è in copto, la lingua delle popolazioni interne dell’Egitto, la lingua di sant’Antonio abate. Insomma, la Chiesa primitiva ha dato subito la parola ai poveri: una parola semplice, dignitosa, aderente alla vita, inquietante le coscienze, come quella delle parabole del Vangelo. E oggi?
Inquietante banda d’ignoranti e villani erano i cristiani della fine del secondo secolo per il dotto pagano Celso in un suo circostanziato trattato da lui intitolato Discorso vero, – ossia: «ve lo dico io come stanno le cose!» -: una Chiesa di gentuccia, di lazzaroni, che fa adepti tra donnaccole e schiavi (cf. Origene, Contro Celso I,27).
I cristiani più accorti non avevano difficoltà a rispondere che anche il mite Epicuro quasi cinque secoli prima aveva accolto nel Giardino, la sua scuola familiare di sapienza, donne e schiavi in assoluta parità rispetto alla filosofia che già Aristotele aveva additato come un bene per tutti per raggiungere la felicità.
», ossia dove i poveri si sentano pienamente a casa loro per il semplice fatto che è la loro casa.
La Chiesa dei tempi di Celso ha inteso farsi capire da tutti. Nel Mediterraneo orientale ha dato in mano la bibbia in greco, la lingua parlata o comunque capita. In occidente la si sta traducendo in latino.
Insomma, la Chiesa primitiva ha dato subito, – dico con don Milani -, la parola ai poveri: una parola semplice, dignitosa, aderente alla vita, inquietante le coscienze, come quella delle parabole del Vangelo.
Sono cristiano, sono cristiana. Voglio essere quello che sono».
Il governatore, probabilmente scocciato di trovarsi a mandare a morte persone perbene, vorrebbe dar loro trenta giorni per ripensarci. Poi gli cade l’occhio su una cassetta: «Che c’è lì dentro?». «Libri» della bibbia, «le lettere di Paolo, uomo giusto». Quegli scritti danno loro la forza per far loro rispondere al proconsole: «Non c’è alcun motivo di ripensamento: la cosa è giusta così com’è». La condanna a morte è dichiarata ed eseguita.