di Stefano Liccioli · Da alcuni mesi sta spopolando sempre di più sul web Giovanni Scifoni. Nato a Roma, classe 1976, attore poliedrico capace di muoversi con disinvoltura tra spettacoli teatrali, film e fiction televisive di successo, ma anche drammaturgo e regista, nel 2015 Scifoni si è fatto apprezzare su TV2000 con i suoi monologhi teatrali nella trasmissione “Beati voi”, di cui nel 2017 è diventato poi conduttore. In questa trasmissione l’attore si è fatto notare anche per il suo modo originale ed efficace di raccontare le vite dei santi. Le sue “narrazioni agiografiche”, sotto forma di brevi e divertenti filmati pensati per Facebook e Youtube, hanno riscosso grande successo nella Rete consentendo a centinaia di migliaia di persone di conoscere meglio la vita del santo del giorno, raccontata, al tempo stesso, in modo ironico ed ortodosso, leggero e profondo. In un’intervista del 2018 per la rivista “Famiglia cristiana” Scifoni ha dichiarato:«Per le storie non seguo mai uno schema fisso di racconto. Solo l’approccio è il medesimo: ogni volta mi domando “come faccio a parlare di quel santo a un bambino ateo?”. Il mio interlocutore immaginario è una persona che non ha i rudimenti della teologia e non è nemmeno credente». Sappiamo però che Giovanni Scifoni è credente e la fede cristiana che si percepisce in lui (da quello che dice e scrive) sembra matura e profonda, scevra di devozionalismi. In questi ultimi mesi la piattaforma digitale “Raiplay” sta trasmettendo le puntate, a cadenza quindicinale circa, di un nuovo lavoro di Scifoni, il programma intitolato “La mia jungla”. Forse proprio come Kipling con “Il libro della jungla” l’attore romano cerca di far riflettere gli spettatori su valori, vizi e virtù dell’uomo, ma si occupa, sempre in modo originale, anche di temi sociali e di attualità. Ne nascono, come nel suo stile, brevi ed ironici filmati che alla maniera di un novello Fedro degli anni Duemila, vogliono lasciare allo spettatore degli insegnamenti o, quanto meno, degli elementi su cui pensare, rifuggendo però facili moralismi. Uno degli aspetti interessanti de’ “La mia jungla” è il punto di osservazione che Giovanni Scifoni usa per i suoi racconti ovvero la sua famiglia. Così come nei video sui santi, anche nelle puntate di questo nuovo programma partecipano, e non come mere comparse, anche la moglie ed i tre figli (una femmina e due maschi) di Scifoni. A mio avviso si tratta di un modo per rendere la famiglia protagonista, una lente d’ingrandimento con cui osservare chi siamo e ciò che avviene nella nostra società. Troppo spesso, infatti, la famiglia è solo oggetto di discorsi ed anche nel mondo della comunicazione se ne parla tanto, ma spesso in termini sbagliati. Il cinema italiano (tanto per limitarsi al nostro Paese) non è immune da questa tendenza tanto è vero che quando racconta di dinamiche familiari, lo fa mettendo in luce più le ombre che le luci, più i problemi del vivere in coppia ed avere figli che la ricchezza rappresentata dal matrimonio e dal crescere ed educare dei figli. Tutto ciò, a mio parere, ha delle conseguenze, in primo luogo il calo demografico che sta caratterizzando l’Italia. Se la mentalità comune sulla famiglia rimane quella sopra descritta non dobbiamo sorprenderci se il 60% delle nostre famiglie ha una o due componenti, il 36% dei giovani non vuole sposarsi, il 40% non vuole avere figli. In un recente intervento Mons. Meini, vescovo di Fiesole e delegato per la Famiglia e la Vita della Conferenza episcopale toscana ha opportunamente osservato su questo argomento:«La responsabilità non è solo politica: la prospettiva è soprattutto di ordine culturale. Quante volte abbiamo detto e sentito dire: il problema della famiglia, il problema dei figli, i problemi dei genitori, essere genitori oggi è difficile. Queste espressioni fanno parte del linguaggio comune. Se nostri genitori o i nostri nonni avessero ragionato così, noi non saremmo nati, non saremmo qui a parlare, a incontrarci, a vivere. Eppure avevano un lavoro precario con redditi bassi e alcuni di loro avevano anche sofferto la fame». Poi aggiunge:«È necessario un forte impegno a livello della comunicazione. Non si può solo cercare audience mettendo in evidenza problemi, contrasti, liti, drammi di ogni genere. Proprio attraverso il mondo della comunicazione deve passare il senso della gioia di vivere, la bellezza del bimbo che nasce, la soddisfazione di educare un ragazzo che cresce. Non mancano persone capaci e sensibili nel mondo della comunicazione, dell’arte e dello spettacolo. Certamente possono fare molto per formare una cultura della vita». Credo che Giovanni Scifoni sia proprio una di queste persone capaci di far trasparire, nei suoi lavori, la bellezza della vita matrimoniale e di avere dei figli. Se è vero quello che diceva Benedetto XVI a proposito della grande famiglia di Dio, la Chiesa, che cresce per attrazione e non per proselitismo, affermando dunque che la fede si trasmette per testimonianza e non in forza di convincimenti. Ciò, a mio avviso, è vero anche per “la famiglia degli uomini” che può tornare ad affascinare i giovani non grazie a perorazioni particolari o se ne vengono esaltati, individualmente, solo alcuni aspetti che la costituiscono (la vita che nasce, l’amore di coppia), ma se si torna a sentirne il profumo. Per usare un’immagine cara a Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, ci viene voglia di mangiare il pane se ne sentiamo il profumo e non se vediamo solo i singoli ingredienti che lo formano.