Scacchi al servizio della catechesi
Naturalmente questo testo non può certo essere adottato come sussidio principale per un corso di catechismo: l’elemento didattico-scacchistico prevale su quello catechetico. Nondimeno, Scacchetesi è ricco di suggestioni curiose e affascinanti. Anche il solo fatto che certi scenari che vediamo nella scacchiera ci richiamino alla mente dei passaggi della Parola di Dio o alcuni aspetti dell’insegnamento cristiano potrebbe essere cosa utile e non di poco conto.
Lungi da concezioni manicheistiche di contrapposizioni paritarie tra Bene e Male, è già comunque possibile ricordarsi di una cosa nel vedere i pezzi saldamente posti su una casa:
«(…) è evidente come il colore del pezzo bianco o nero o, ancora, la scelta di una casa chiara o scura, rappresentino sulla scacchiera il bisogno e l’esigenza di definirsi: o si sta sul bianco o sul nero. Anche i pezzi devono selezionare la casa di un colore e abbracciarla interamente: non possono collocarsi a cavallo tra due o più case. Non vi sono, insomma, posizioni intermedie e questo fatto è chiarito proprio dalle regole del gioco. Per giocare la partita della nostra vita, occorre sapersi muovere tra il bianco e il nero con consapevolezza e verità» (p. 31).
Arrivando a trattare del potenziale della coppia degli Alfieri, Rossi ricorda Marta e Maria. Un Alfiere campochiaro controlla in diagonale le case chiare mentre un alfiere camposcuro controlla in diagonale le case scure. Insieme, sono una grande risorsa per il giocatore e possono anche dare Scacco Matto. Se invece uno dei due è “caduto in battaglia”, le capacità di controllo del giocatore ne risultano assai depotenziate, data la sopravvenuta debolezza delle case precedentemente controllate dall’Alfiere mancante. Tutto ciò, può essere figura degli importanti contributi che vita contemplativa e vita attiva danno alla Chiesa. Gesù attribuisce maggiore dignità alla prima ma è anche vero che senza il sostegno dei chiamati alla vita attiva si va poco lontano.
Trattando invece del Cavallo, la sua singolare mossa a L è accostata alla folgore che, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo (cfr. Mt e Lc).
L’autore accosta il pezzo del Re a Gesù, naturalmente. Per difendere o per controllare il Re, si deve essere disposti a sacrificare tutti gli altri pezzi, tutto il resto, come il mercante che vende tutto per acquistare la perla preziosa. Inoltre, il Re è l’unico pezzo che deve essere necessariamente presente sulla scacchiera dall’inizio alla fine…. e d’altra parte Gesù ha promesso di rimanere con noi fino alla fine dei tempi. Nella particolare mossa dell’arrocco, Rossi vede un richiamo alla sepoltura di Gesù. Il fatto che poi, quasi sempre, nel finale del gioco, il Re esce dal rifugio per buttarsi nella mischia, può essere figura della Resurrezione.
La metafora della casa sulla roccia è accostata al saper costruire buone difese con le strutture pedonali. Inoltre, più in generale, è accostata alla pazienza e alla tenacia nell’imparare anche dalle sconfitte.
Esistono poi particolarissime situazioni negli scacchi in cui certi pezzi del nostro stesso schieramento sono paradossalmente di ostacolo alla vittoria. Ciò richiama Mt 5 e 18 con le varie esortazioni a liberarsi del superfluo.
Il tema del pezzo sovraccarico, cioè che svolge troppe funzioni, è spiegato con altri passi di Matteo e Luca dove si condanna chi accumula: «non accumulate per voi tesori sulla terra» o «nessuno può servire due padroni». Il tema della deviazione di un pezzo o di un difensore e il tema dell’adescamento (“cattivo”) negli scacchi sono temperati dall’adescamento buono di Gesù e da tutti i vari racconti di vocazione. Il tema dello sgombero per far posto a pezzi più efficaci richiama tutti i passi che esortano all’umiltà, come ad esempio la parabola degli invitati che scelgono i primi posti (Lc 14, 7-14), la “caduta di stile” dei figli di Zebedeo (presente nei sinottici), la parabola del banchetto di nozze (in Lc 14 e Mt 22) e l’elogio dei vari carismi da parte di Paolo in 1Cor 12.
Riconoscere i pattern o scenari tipici ricorda a Rossi le varie apparizioni del Risorto.
Come è vero che la chiamata di Gesù è rivolta anche ai più menomati, è ugualmente vero che gli scacchi sono per tutti e non per chi è o si crede intelligente (Rossi cita Mt 9,12-13). Nella strategia ci vuole pazienza e tenacia, come quelle del vignaiolo di Lc 13, 6-9. Bisogna allontanare le distrazioni e stare attenti al momento presente, come ci ricordano anche Lc 12,29, Mt 6, 19-21, Mt 10, 28-31 e la stessa parabola del seminatore.
Il concetto di preferire il vantaggio non materiale (spazio, iniziativa, controllo, etc. etc.) a quello materiale sarebbe andato a nozze con Gesù! La necessità di prendersi cura del pedone debole richiama la parabola della pecorella smarrita. La difficoltà di gestire un pedone avanzato ricorda i primi slanci di certe vocazioni morte sul nascere come quelle in Lc 9,57-62 (parallelo a Mt 8,18-22) e quella del giovane ricco. Il tema del pedone esca richiama ancora i passi riguardanti la liberazione dal superfluo. Gli attacchi di scoperta (spostare un pezzo affinché quello dietro esplichi il suo potenziale) richiamano naturalmente l’annuncio del Battista.
Secondo Rossi, a Gesù piacerebbe molto offrire gambetti (cioè sacrificare un pedone nelle prime mosse per capitalizzare vantaggi non materiali):
«il giocatore che accetta il Gambetto, catturando il pedone offerto dall’avversario, gioca fino in fondo cercando di far prevalere il materiale sullo Spirito. Egli vuole dimostrare che, conservando fino alla fine quel vantaggio, o convertendolo in un altro vantaggio al momento opportuno, può vincere. Il giocatore che offre il Gambetto invece sa bene che, se non riuscirà a compensare il materiale ceduto, alla fine sarà sconfitto. Per tale motivo egli interpreta il match in maniera totalmente diversa: dovrà far prevalere lo Spirito (mobilità e centralizzazione dei pezzi, maggiore iniziativa, capacità di portare attacchi più agilmente dell’avversario) sul materiale. Deve giocare insomma senza rimpiangere il pedone perso e, anzi, vincere proprio grazie a quest’apparente vantaggio. Molti istruttori propongono quest’ottima scelta ai loro allievi, in tale modo costringendoli a ragionare su squilibri di gioco che non derivano da differenze di materiale, ricercando attacchi brillanti per mettere in difficoltà l’avversario» (pp. 182-183)
A molte sensibilità questo libro potrà sembrare troppo dissacrante. Certi accostamenti sono effettivamente un po’ arditi sia dalla parte di Gesù e sia anche dalla parte degli scacchi. Ma se in qualche modo gli scacchi possono riuscire un pochino a ricordare Gesù, è tanto di guadagnato su questo fronte. Che Gesù venga prima degli scacchi è fuor di dubbio anche per Rossi. Egli infatti mette in guardia da certi tipi seriosi che si abbruttiscono con gli scacchi facendone il centro della propria vita, disprezzando gli opponenti e disperandosi per le sconfitte. Bisognerebbe giocare a scacchi sempre con l’atteggiamento di scoperta e gioia di un bambino: un’altra occasione per richiamare i versetti in cui Gesù incontra i bambini. Sciocco è disperarsi per una sconfitta. «Nel messaggio cristiano c’è anche di più, e cioè la vera consolazione da ogni sconfitta della vita, altro che Scacchi!» (p. 90)