Leadership carismatica. Percorsi di formazione alla luce della Evangelii Gaudium

270 390 Alessandro Clemenzia
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4322_6876di Alessandro Clemenzia • L’esistenza ecclesiale è costantemente chiamata a penetrare nelle “cose” degli uomini, risignificandole dal di sotto e dal di dentro: un dinamismo che trova nell’incarnazione del Verbo di Dio la sua ontologica condizione di possibilità. Non c’è nulla di veramente umano che non sia stato “contaminato” dalla presenza e dall’azione di Gesù di Nazareth. Questa logica di “entrata” e di “risemantizzazione” tocca gli ambiti più disparati della quotidianità umana. Tra questi, c’è anche l’esperienza della “leadership”. La Chiesa, quale effettivo contributo può offrire a tale riguardo? Sono già usciti in questi ultimi anni diversi saggi di natura teologica su questo argomento, soprattutto nel contesto dell’odierno recupero del tema della sinodalità.

È uscito recentemente un volume, intitolato Leadership carismatica. Percorsi di formazione alla luce della Evangelii Gaudium, a cura di Tiziana Longhitano e Theo Jansen (Urbaniana University Press, 2019), all’interno del quale sono presentati, in particolare nell’ambito della vita consacrata, alcuni interessanti contributi alla luce degli stimoli offerti da Papa Francesco. «Niente di più appropriato – ha scritto Piero Coda nella Prefazione –, per innervare questa coscienza e accompagnarne l’approdo a sempre più consistenti e orientatori guadagni, di una riflessione multidisciplinare e convergente […] sulla “leadership carismatica”. E cioè su quella funzione di orientamento e di guida che, nella missione della Chiesa e nel processo dell’esperienza culturale e sociale, viene offerta dai carismi quali liberi e gratuiti doni dello Spirito Santo, accolti ed esercitati dai singoli e dalle comunità, a servizio della promozione del bene comune» (p. 7).

Senza entrare nei singoli contributi offerti, che si muovono dall’ambito teologico a quello biblico, da quello spirituale a quello antropologico, fino al dialogo interreligioso, ciò che è interessante evidenziare, a partire dai risultati globali raggiunti da questo volume, è come la forma della leadership dipenda dalla natura di quei luoghi in cui essa viene esercitata: è da essi, infatti, che si intravede quale sia la modalità relazionale più appropriata per esercitare alcune funzioni di responsabilità. Una tale scelta è determinata in particolare dal fatto che il leader acquisisce una sua particolare “forma”, non in base a una previa teorizzazione della sua azione, ma in stretta interconnessione al contesto, vale a dire al “verso chi” tale leadership viene esercitata e da cui viene riconosciuta.maxresdefault (1)

Una tale articolazione del discorso porta con sé almeno due elementi distintivi e fondamentali: in primo luogo, viene suggerito che questi “spazi” relazionali sono il vero punto di partenza di una riflessione sulla leadership (cf. quanto ha scritto Fabio Ciardi a proposito del «creare i luoghi del Risorto», pp. 92-93); in secondo luogo, che la figura del leader è ontologicamente relazionale, in quanto il suo essere (e, dunque, il suo agire) è in qualche modo “ricevuto” da un riconoscimento da parte dell’altro o degli altri. Questi due elementi chiariscono che una riflessione sulle dinamiche sociali dell’uomo contemporaneo non può svilupparsi attraverso un’ipotesi aprioristica sulla leadership, come se, cambiando i parametri del vertice all’interno di una visione piramidale della realtà, tutta la base dovesse in qualche modo trasformarsi; è proprio a partire da un contesto in cui vengono attivati alcuni processi relazionali a determinare una particolare (e nuova) forma di leadership. E questo discorso riguarda in particolar modo la natura sinodale della Chiesa, di cui oggi tanto si parla.

I diversi contributi contenuti in questo volume presentano una particolare forma di relazionalità, che spesso è stata descritta attraverso un altro termine, assai frequente in ambito interdisciplinare: “comunione”. L’eccessivo uso, e a volte abuso, di questo lemma l’ha portato ad avere un significato non univoco, e a volte addirittura polisemico. Proprio per questo si è reso opportuno un rigoroso approfondimento, da parte degli autori, della dinamica più profonda che innerva questa parola-chiave, per cogliere il suo significato più preciso.

Come si diceva, si è voluta esplicitare la natura di alcune modalità relazionali che scaturiscono dalla vita carismatica ecclesiale, per offrire delle risposte valide alle sfide del nostro tempo, determinato da una frammentarietà esistenziale globale, come ha descritto Tiziana Longhitano nel suo intervento (cf. pp. 49-54). Tutti i saggi contenuti in questo volume si inseriscono all’interno del così denominato “paradigma relazionale”, che sembra ormai affermarsi trasversalmente, dall’ambito teologico a quello filosofico, da quello politico a quello sociologico ed economico. Tale paradigma chiede, nella fattispecie alla vita consacrata, riprendendo le parole di Carlos García Andrade «un nuovo modello sia di pensare sia di attuare il governo delle comunità con l’esercizio dell’autorità» (pp. 11-12).

Le proposte avanzate portano a una leadership co-agonistica, concetto che a un primo impatto potrebbe sembrare teorico e idealistico; eppure le forme relazionali proposte dai singoli contributi, in un modo o nell’altro, sono accompagnate da esperienze comunitarie concrete, che mostrano la reale possibilità di un cambiamento effettivo, senza obliare i limiti incontrati o possibili. Questo significa che quanto affermato dagli autori non cerca un’attualizzazione, in quanto nasce già da un’esperienza comunitaria concreta, dove la figura del leader assume la forma della comunità di cui fa parte: ciò conferma che è dall’experientia della realtà che scaturisce un’intelligentia, non viceversa.

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