Il martirio di Don Alcide Lazzeri

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Civitella2di Giovanni Pallanti • Chi sceglie di farsi prete risponde ad una vocazione che lo sottopone ad una vita difficile: in tempi di pace il prete, quale sia la sua condizione nell’ambito della Chiesa, rischia di essere accerchiato da un gruppetto di amici e/o fans  che oltre ad affaticarlo lo isolano dal resto dell’umanità. In tempo di guerra il prete può essere il primo a morire se vuole rimanere fedele alla sua missione o, se Parroco, alla sua comunità. La sorte di Don Alcide Lazzeri  fu proprio questa: il 29 giugno 1944 ,festa dei Santi Pietro e Paolo, fu il primo ad essere fucilato dalla truppa tedesca che compì una strage, per ritorsione, erano stati uccisi dei soldati tedeschi, a Civitella Val di Chiana. Quel giorno morirono 244 persone. Don Alcide Lazzeri, 57 anni, aveva da poco finito di celebrare la messa delle 7, quando quattro soldati tedeschi irruppero in chiesa ordinando a tutti i presenti di uscire. Intuendo quello che stava per succedere don Alcide, in testa a tutti, proclamò l’innocenza del suo popolo e chiese di essere ucciso lui solo e di salvare la vita a tutti gli altri. Un testimone di eccezione ha voluto con tutta la sua forza che 75 anni dopo la strage di Civitella fosse aperto il processo di beatificazione per don Lazzeri. Il testimone in questione è il Vescovo Emerito di Fiesole Mons. Luciano Giovannetti, nativo di Civitella Val di Chiana, che assistè al martirio del suo Parroco. Mons. Giovannetti nel 1944 aveva 10 anni ed era uno dei chierichetti all’altare dell’ultima messa di don Lazzeri. Si salvò per miracolo dalla strage perché la sua mamma con grande destrezza riuscì a farlo allontanare dalla chiesa mentre i tedeschi facevano uscire le oltre duecento persone presenti creando una inevitabile confusione. Il vescovo Giovannetti ha raccontato: “ … ancora sogno quello che accadde. La sofferenza è sempre la stessa. Ci siamo salvati perché la mamma, che  era alla Messa, mi prese per mano e fuggimmo nell’orto della canonica. Usciti abbiamo visto i primi cadaveri in strada. Ci siamo nascosti dietro le mura che circondano Civitella nella macchia. Dietro a noi grida, fischi dei proiettili e morte. Si dice che il sangue dei martiri porta frutti: ecco il mio ministero, prima presbiteriale poi episcopale, è uno dei frutti della santità eroica del mio Arciprete don Alcide Lazzeri,che offrì se stesso per  tentare di salvare l’intera comunità che gli era stata affidata….” . Pochi giorni fa il  vescovo di Arezzo Mons. Riccardo Fontana ha aperto il processo di beatificazione del martire cristiano don Alcidedon-Alcide-Lazzeri Lazzeri. Un esempio di coraggio fiorito nel mezzo di una tragedia che non va dimenticata. Il martirio di Don Lazzeri è molto simile a quello di altri due sacerdoti uccisi, in odio alla fede, in tempi recenti: mons. Oscar Arnulfo  Romero arcivescovo di San Salvador ucciso il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa in una cappella di un ospedale. Mons Romero fu colpito da una fucilata sparata da un cecchino al servizio della dittatura militare di El Salvador .Papa Francesco il 14 ottobre  del 2018  lo ha elevato agli altari come santo. In Francia è stato ucciso da due giovani islamici, il 26 luglio 2016,  il prete ottantacinquenne Jacques Hamel mentre celebrava la santa messa. Papa Francesco ha disposto l’immediata apertura del processo di beatificazione per martirio. Il sangue di questi martiri riscatta molti peccati della Chiesa di ieri e di oggi. 

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Giovanni Pallanti

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