di Dario Chiapetti • La terra greca è ricca di memoria e di vita cristiana e ciò soprattutto grazie a San Paolo. Inoltre, è proprio la Grecia che segna l’inizio della diffusione del cristianesimo in Europa. Paolo nel suo secondo viaggio, iniziato sulla spinta della visione, a Troade, del Macedone (cf. At 16,9), da Antiochia sbarcò proprio a Cavala (ca 49 d.C.) per dirigersi a Filippi e da qui a Tessalonica e a Beria e poi a Atene e a Corinto. Si prova una certa commozione alle porte di Filippi sul luogo del battesimo di Lidia (cf. At 16,11,15). Quella donna risoluta che «costrinse» Paolo e coloro che erano con lui a farsi ospitare da lei, fu la prima persona – potremmo dire europea – a divenire cristiana. Dopo Paolo, venne il turno dei Padri greci che dettero un contributo determinante per la formulazione del dogma nei primi Concili Ecumenici realizzando l’incontro tra l’ellenismo e il cristianesimo, fecondo per entrambi. Ancor oggi, ad esempio, all’Università Aristotele di Tessalonica si distinguono la scuola di filosofia, ricca dell’eredità della classicità, e la scuola di filosofia, dove sono passati grandi teologi (si pensi al Metropolita di Pergamo Ioannis Zizioulas che ivi ha passato anni di studio e di insegnamento).
Senza voler qua percorrere la storia della Chiesa in Grecia, offro di seguito qualche “appunto” che ho potuto prendere durante un soggiorno a Tessalonica sulla situazione odierna della Chiesa Cattolica in Grecia e in particolare proprio in questa città.
Oggi giorno, i fedeli cristiani in Grecia, come noto, sono per la stragrande maggioranza ortodossi e per la precisione appartenenti alla Chiesa Ortodossa di Grecia, fondata nel 1833, separata dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, con Arcivescovo Geronimo II dal 2008. La Chiesa Cattolica invece rappresenta una minoranza, costituita, a sua volta, in buona parte da fedeli stranieri, soprattutto albanesi. Il numero di fedeli si aggira attorno ai 200.000, con maggiore concentrazione ad Atene e, a seguire, nelle Cicladi, Tessalonica, Volos, Cavala, Corfù. La maggior parte dei cattolici greci appartiene alla Chiesa latina, vi è poi una qualche migliaia di fedeli della Chiesa cattolica greca di rito bizantino (Esarcato apostolico di Grecia, Esarca apostolico Manuel Nin, OSB) e qualche centinaia della Chiesa armeno cattolica (Ordinariato di Grecia degli Armeni, Amministratore apostolico Hovsep Bezazian).
La Chiesa cattolica latina è organizzata in 4 Arcidiocesi e un Vicariato Apostolico: l’Arcidiocesi di Atene (Arcivescovo Sevastianos Rossolatos, presidente della Conferenza Episcopale greca e del Santo Sinodo dei Vescovi cattolici di Grecia), l’Arcidiocesi di Corfù-Zante-Cefalonia (Arcivescovo Yannis Spiteris, OFMCap), l’Arcidiocesi di Nasso-Andro-Tino-Micono – con Arcivescovo Nikolaos Printesis e 4 Diocesi suffraganee (Chio, Creta, Santorino, Sira-Milo) -, l’Arcidiocesi di Rodi (sede vacante, Vicario generale John Luke Gregory, OFM) e il Vicariato Apostolico di Tessalonica.
Quest’ultimo è abbastanza esteso (quasi 57.000 km2) e copre la zona della Macedonia occidentale, centrale, di quella orientale e Tracia e della Tessaglia. Eretto nel 1926 da Pio XI, ha inglobato a sé quindi i territori della Macedonia e della Tracia greche che appartenevano al Vicariato Apostolico di Costantinopoli. Esso ha sede a Tessalonica presso la Cattedrale dell’Immacolata Concezione ed è retto da un Amministratore Apostolico, il summenzionato Yannis Spiteris; conta 3 sacerdoti (di cui 3 regolari), 7 religiosi (padri Lazzaristi), 5 religiose (Missionarie della Carità), 4 parrocchie (Tessalonica, Volos, Cavala, Alessandropoli) e qualche Chiesa non parrocchiale (Salonicco, Larissa, Xhanti). Nel Vicariato di Tessalonica non sono presenti molti fedeli (circa 6.000 battezzati) se si pensa che il numero di abitanti del territorio è di circa 3.500.000.
Nonostante i numeri inferiori a quelli a cui siamo abituati in Italia (che comunque sono già da tempo in calo) la Chiesa Cattolica nel Vicariato Apostolico di Tessalonica è attiva. La pastorale è basata sugli elementi fondamentali (sacramenti, catechesi, opere di carità, educazione) ma allo stesso tempo presenta la peculiarità di vivere in un contesto di minoranza e multietnicità. I sacerdoti sono quasi tutti non greci, i fedeli greci, come detto, non sono la maggioranza.
Sul valore della multietnicità c’è poco da dire. Essa, di per sé, invita ad aprire la mente, il cuore, gli orizzonti e a render difficile alla minoranza di divenire autoreferenziale. Sulla minoranza invece spendo due parole in più. Innanzitutto essa non è un valore in sé. Non è qualcosa da desiderare sia perché è spesso indice di una vita che si situa in un contesto caratterizzato da molteplici difficoltà, sia perché per un cristiano ciò che è da desiderare dovrebbe essere il tutto-in-Cristo (cf. Col 1,15-20). Tuttavia credo che valga il detto sapienziale (che in quanto sapienziale, e non matematico, non è da ritenere valido sempre e comunque) secondo cui «l’uomo nella prosperità non comprende» (Sal 48/49,13). Essere minoranza può aiutare innanzitutto a riscoprire l’essenziale carattere comunionale-comunitario della fede. Quando questo è vissuto, ad esempio, l’Eucaristia domenicale torna più facilmente ad essere compresa – prima che come precetto o devozione – come azione pneumatico-comunitaria, come raduno della comunità dei battezzati la quale, inserita nella persona di Cristo e nel suo essere oblativo, rivela, nell’amore concreto tra i suoi componenti e verso la creazione, il suo essere segno escatologico del raduno nella comunione che è il Regno. E quando poi, dopo l’Eucaristia, la comunità si ritrova per stare insieme (in molti casi anche per un tempo prolungato), condividendo fattivamente gioie o difficoltà di qualche suo membro, allora sì che si assiste ad un luminoso compimento della liturgia. Solo a questo punto la celebrazione eucaristica, la trasfigurazione della creazione in virtù della comunione dei fratelli in Cristo per lo Spirito col Padre, è davvero fons et culmen della vita (cf. Sacrosanctum Concilium 10). È solo quando l’amore trinitario che la liturgia esprime prende campo nell’esistenza, quando la salvezza è sperimentata come comunione, che il tempo passato in Chiesa di Domenica non conosce orologio e la comunità si rivela come luce del mondo (cf. Mt 5,14).
Trovo tutto ciò molto stimolante anche per la situazione ecclesiale italiana la quale, in un modo o in un altro, sembra che si stia apprestando, dopo molti secoli, a tornare minoranza, quando non lo è ridivenuta già. Se tale nuova situazione che le Chiese locali devono affrontare porta con sé – come forse può essere – la possibilità di purificazione per la Chiesa da ciò che non è essenziale del Vangelo, da ciò che oscura la realtà del Regno, e di avvicinamento a ciò che fa risplendere l’essere amante proprio del Padre nella creazione ferita dal male e dal peccato, ecco, ben venga.