La sofferenza che crea i Santi – Pagine inedite di Papa Wojtyla e del suo Portavoce

Noi tutti abbiamo ancora scolpite negli occhi le ultime drammatiche immagini di Wojtyla, incapace ormai di parlare, piegato dal Parkinson. Quell’interminabile straziante Calvario che il medico-giornalista originario di Cartagena si trovò a comunicare giorno per giorno, ora per ora in mondovisione. E forse, se avesse potuto, lo avrebbe un po’ nascosto o mitigato, con un gesto di pura pietà cristiana: proprio per la sua preparazione scientifica non poteva venir meno ai doveri d’ufficio. Giovanni Paolo II aveva deciso di portare la croce della propria malattia fino all’ultimo, con coraggio, davanti alle folle di fedeli, al popolo di Dio. Ed ora apprendiamo quella frase «Ma lei pensa che non mi veda in televisione come sono combinato?» che disse un giorno a chi si era spinto a notare in lui un improbabile miglioramento dello stato di salute. Rivedendo le immagini, ne abbiamo conferma: la rigidità muscolare causata dal Parkinson gli aveva fatto perdere il sorriso che il suo portavoce, così elegante, garbato, premuroso e comprensivo dispensava con ancora maggiore generosità.

Navarro Valls, lasciata la Sala Stampa della Santa Sede, che tenne dal 1984 al 2006 (gli ultimi due anni con Benedetto XVI), tornò alla sua vecchia passione, assumendo la presidenza del Campus Biomedico di Trigoria. Riprese così a trattare quotidianamente un tema sul quale aveva studiato, dibattuto, scritto: curare la malattia, dare senso al dolore. Parlando agli studenti ed ai neolaureati, decise di svelare il dialogo fra Wojtyla e il suo neurologo, costretto a esporgli la diagnosi infausta. «Santo Padre lei come vive questa situazione?» disse il medico forse nel tentativo, un po’ goffo, di consolarlo. «Io mi chiedo che cosa voglia dirmi Dio con questo» fu la risposta. E Navarro-Valls così la commentava: «Chi soffre non può non interrogarsi sul senso di quello che gli accade, ma soffre ancora di più se non trova una risposta. Giovanni Paolo II aveva perso la madre a 9 anni, e più tardi il fratello, non aveva mai conosciuto la sorella, morta prima che lui venisse alla luce, per di più in una Polonia già caduta sotto l’occupazione nazista. Era pertanto piuttosto naturale che, dopo aver già sofferto alcuni lutti significativi, egli fosse colpito dall’esperienza del dolore come possibilità di un più grande amore».