di Stefano Liccioli · La scuola è iniziata da poco più di quindici giorni dopo che negli ultimi mesi se ne è parlato tanto, forse troppo e non sempre in maniera adeguata, a mio avviso. Si è discusso molto degli aspetti tecnici dell’organizzazione scolastica (distanze tra i banchi, mascherine, orari) ed il tema della scuola è diventato ben presto terreno di scontri politici e di accuse reciproche. Da parte loro i media spesso hanno rilanciato queste polemiche, magari alla ricerca di un audience sempre maggiore. Se da una parte è comprensibile che il sistema nazionale d’istruzione attiri l’attenzione delle persone data la sua importanza per gli alunni, le loro famiglie e tutti i soggetti che ci lavorano, dall’altra mi lascia perplesso sentire parlare della scuola solo in termini di problemi da risolvere. Sicuramente la situazione sanitaria ha posto questioni organizzative a dir poco complesse, ma a costo di apparire un po’ ingenuo o sognatore, vorrei concentrare la mia riflessione su un altro aspetto, quello educativo. Personalmente ho cercato di non farmi condizionare da tutte le polemiche che si sono sentite (e si sentono ancora), ritornando piuttosto alle ragioni educative che sono alla base del mio essere insegnante. Al doveroso impegno di noi docenti nell’applicare i protocolli sanitari predisposti per prevenire il contagio da Covid-19 nelle scuole è altrettanto importante, secondo me, accompagnare un’efficace azione educativa. Ritengo infatti che la scuola oggi come non mai debba aiutare i suoi studenti a leggere il presente fornendo loro le categorie culturali ed esistenziali necessarie. Ad esempio i mesi passati con la didattica a distanza ci hanno rivelato (o confermato, a seconda dei punti di vista) che la tecnologia è una risorsa utile per insegnare non solo nei momenti di emergenza. Allo stesso tempo questo periodo ci ha anche dimostrato che il vero valore dell’istruzione si apprezza in presenza, quando è possibile riunirsi, incontrarsi, confrontarsi. La pandemia ha poi riacceso i riflettori (qualora si fossero mai spenti) sul rapporto tra istituzione scolastica e famiglie con la prima impegnata, comprensibilmente, a respingere i tentativi di una sua riduzione a “parcheggio” per bambini e bambine e le seconde in prima linea a richiedere, legittimamente, il rispetto del diritto all’istruzione per i propri figli. Recentemente ha fatto parlare di sé Umberto Galimberti che al Festival della filosofia di Modena ha affermato che «i genitori devono essere espulsi dalla scuola perché la loro presenza evita al ragazzino di prendersi le sue responsabilità». Da parte mia ritengo che, pur essendoci delle criticità nell’approccio che in vari casi le famiglie hanno nei confronti della scuola, la circostanza attuale può essere davvero l’occasione per riallacciare rapporti costruttivi, improntati ad una reciproca assunzione di responsabilità nei confronti delle problematiche che stiamo vivendo. Per esperienza personale posso dire che quando le famiglie riescono a passare, nei confronti della scuola, da un atteggiamento di controllo ad uno di collaborazione ed i docenti accettano questa collaborazione, l’intervento educativo riesce a fare un salto di qualità, tutto a beneficio dei giovani.
In generale l’emergenza sanitaria così come ogni altra situazione di difficoltà può diventare davvero una particolare opportunità educativa da sfruttare con i giovani. E’ possibile farli riflettere, per esempio, su un fatto che don Luigi Epicoco (sacerdote, insegnante e scrittore) richiama spesso nei suoi interventi:«Molte cose della nostra vita […] non sono state scelte da noi, eppure ci sono, sono davanti a noi, ci provocano, ci interpellano, ci chiedono qualcosa proprio adesso. E anche il nostro futuro non è pienamente sotto la nostra libertà di scelta: molte cose che accadranno, lo faranno al di là delle nostre scelte e della nostra libertà. Quindi, ci verrebbe da domandarci, che significa essere liberi davanti a qualcosa che non si è scelto? La libertà è imparare a scegliere, invece che subire, anche le cose che non abbiamo preventivato, le cose che ci sono, le cose che esistono davanti a noi. Scegliere ciò che non si è scelto». In tal senso è fondamentale aiutare i giovani ad affrontare le questioni della vita non di pancia, magari sulla scia di un’onda emotiva generalizzata e fatta di slogan retorici, né solo di testa, ma di cuore, intendo quest’ultimo secondo il senso biblico in base al quale esso indica tutta la persona nell’unità della sua coscienza, della sua intelligenza, della sua volontà. Già la volontà. Fatto salvo quanto scrive don Epicoco sul nostro raggio possibile d’azione, è importante comunicare alle nuove generazioni che possiamo uscire migliori da certe situazioni solo se lo vogliamo davvero. “Andrà tutto bene” non per un destino indeterminato, ma se anche ognuno di noi farà in maniera responsabile la propria parte. In quest’anno scolastico entrerà in vigore in forma obbligatoria l’insegnamento dell’educazione civica in tutti i gradi dell’istruzione, a partire dalle scuole dell’infanzia. Sarebbe bello, a mio avviso, che questa materia non risultasse solo un altro adempimento scolastico, ma fosse una vera opportunità per far riflettere studenti e studentesse su tanti temi dall’alto valore formativo proprio come il Bene comune, il senso di responsabilità o sul fatto sempre attuale che:«La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia» (Gandhi).