di Mario Alexis Portella · In questi ultimi mesi il mondo è stato concentrato sulla pandemia del Coronavirus, dato che questo è stato sostanzialmente l’unico tema riportato dai mainstream media. Ma c’è un’altra “pandemia” al fianco del COVD’19 che è stata ignorata, pur essendo molto più mortale per l’umanità, che negli ultimi 1.420 anni ha ucciso non meno di 270 milioni di persone e continua a sopravvivere oggi. Tale pandemia è la jihad islamica e, come spiega il giornalista Rami Dabbas, un cittadino giordano ed ex-musulmano diventato cristiano, coloro che affrontano spesso questa minaccia sono i cristiani—non escludendo gli ebrei e musulmani—che sono classificati dalla sharia come cittadini di seconda classe nella migliore delle ipotesi e disumani nella peggiore.
Questa pandemia globale della jihad islamica è ancora più pericolosa perché non solo uccide, ma indottrina anche le persone, trasformandole in strumenti di odio e di incitamento. Il nuovo Coronavirus colpisce il sistema respiratorio e, nella stragrande maggioranza dei casi, il recupero resta infetto. Quelli sfortunati al punto da affrontare uno scoppio di jihad o muoiono o sono infettati a vita.
Sì, ci sono militanti come i capi dell’ISIS che avevano consigliato ai loro membri di evitare i luoghi dove il COVD’19 è dilagante, in particolare nell’Europa occidentale. Gli islamisti, però, invece di rilassare i loro terrorismo, hanno trovato più ispirazione dal “nemico invisibile” per la loro jihad contro i cristiani perché la vedono come “amico”. Loro credono che il Coronavirus sia una “piaga” inviata da Allah al fine di punire i non-credenti con un “tormento doloroso”. Questo è il motivo perché tanti imam, come Jamil Al-Mutawa di Gaza che aveva predicato che Allah aveva creato il Coronavirus per uccidere gli infedeli (e gli israeliani): «Allah ha inviato solo un soldato, il Coronavirus» .
La suddetta mentalità non è un’idea nuova nell’Islam. Il concetto che Allah punirà gli ingiusti in questo mondo viene direttamente dal Corano: “Quindi se si pentono, è meglio per loro; ma se si allontanano, Allah li punirà con una dolorosa punizione in questo mondo e nell’aldilà. E non ci sarà per loro sulla terra nessun protettore o aiutante”. (Sura 9, 74) Sotto tale ispirazione, gli jihadisti hanno fatto tutto il possibile per osservare tale appello.
Alcune stragi contro i cristiani in questi ultimi mesi sono state:
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Il 19 aprile nel villaggio di Unguwan Magaji, Nigeria, tre donne sono state tra i quattro cristiani uccisi dai militanti Miyetti Allah—un gruppo associato ai musulmani Fulani; la maggior parte dei membri sono pastori.
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In Mozambico settentrionale—il 60% della popolazione nel paese sono cristiani, mentre i musulmani sono il 18%—alcuni affiliati di Boko Haram hanno massacrato più di 50 persone in un attacco a Xitaxi nel distretto di Muidumbe dopo che i cristiani si sono rifiutati di essere reclutati nei suoi ranghi.
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Il 29 marzo nella città di Nzerekore, in Guinea, una folla musulmana ha bruciato una chiesa e ucciso almeno tre persone.
In una recente intervista sulla diffusione di gruppi terroristici islamici nel Sahel africano—una fascia di territorio dell’Africa sub-sahariana, estesa tra il deserto del Sahara a nord e la savana del Sudan a sud, e tra l’oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est—un ricercatore francese, Olivier Hanne dell’Università Aix-Marseille, ha detto che i musulmani, dopo aver esteso la loro presa sul Sahara musulmano, hanno come prossimo obiettivo conquistare i luoghi in cui cristiani e musulmani vivono fianco a fianco, come in Europa. A proposito, in Francia, da quando è iniziata la quarantena del Coronavirus a metà marzo, la procura nazionale antiterroristica ha fatto molte indagini preliminari sul terrorismo, individuando i malfattori provenienti dall’Iraq e dalla Siria.
Noi dovremmo continuare a pregare e combattere contro il “nemico invisibile” che è uscito da Wuhan (Cina). Allo stesso tempo, non dimentichiamo quel “nemico religioso” che secondo il Seminario Teologico Gordon-Conwell, nello stato di Massachusetts (USA), ha ucciso fino a 900.000 cristiani negli ultimi dieci anni; secondo uno studio di Open Doors USA—una missione non confessionale a sostegno dei cristiani perseguitati nel mondo—nel 2018 circa 215 milioni di persone hanno subito persecuzioni religiose, 70% di loro nelle nazioni islamiche.
Questo avversario rimarrà molto dopo che il Coronavirus sarà sparito. Come ha detto durante un’intervista il mese scorso, l’Arcivescovo Cattolico Caldeo di Mosul e Akra Najeeb Michaeel Moussa, parlando della situazione in Iraq: «L’ideologia fanatica continua a regnare in molte menti e alcune persone stanno ancora sognando di scacciare tutti i cristiani dalle loro dimore storiche… Purtroppo, tuttavia, questa mentalità settaria continua a imporre la sharia [legge islamica] all’interno della legislazione irachena. I libri di testo scolastici e la predicazione settaria nelle moschee sono una fonte di divisione sociale e politica».
Come possiamo combattere quest’ideologia ispirata dalla sharia? Prima, i capi di stati devono pubblicamente ammettere che c’è un problema con il clero musulmano che ispira la violenza nei testi islamici. Allo stesso modo, si deve insistere sulla libertà religiosa—per questo motivo Mustafa Kemal Atatürk secolarizzò la Turchia, così eliminando il califfato e le osservanze della sharia. Questo non vuol dire che la libertà di coscienza del musulmano viene soppressa. Anzi, viene rispettata. Sotto quest’aspetto, il Vescovo Moussa ha detto: «Attraverso l’istruzione e la cultura, possiamo superare l’oscurantismo e la violenza».
Si può realizzare questo, non con un dialogo in cui ci vergogniamo di menzionare il nome di Gesù per paura di offendere i musulmani; esso non è altro che un monologo di correttezza politica—mi chiedo, se il musulmano può parlare di Allah e il profeta Maometto, perché noi non possiamo invocare Gesù Cristo? Si può arrivare tramite il dialogo in cui, secondo il nostro dovere cristiano, si parla della vita del Signore e dei Suoi insegnamenti. Come mai? Perché da lì nascono i diritti basati sull’uguaglianza tra uomo e donna e tra cristiano e non-cristiano. E così, come aveva detto papa S. Giovanni Paolo II durante il suo discorso alla gioventù musulmana in Marocco nel 1985, magari possiamo vivere in una vera armonia con Dio e il prossimo.