di Stefano Liccioli · La Giornata Mondiale della Gioventù 2020 si svolgerà la Domenica delle Palme a livello diocesano e questo perché funziona così quando questo appuntamento non si celebra a livello internazionale (come l’anno scorso a Panama). Consentitemi un riferimento personale se vi dico che avrei voluto vivere questa ricorrenza a Roma, in piazza San Pietro, ma l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus ha stravolto tante cose tra cui le celebrazioni liturgiche in Vaticano.
Resta comunque l’opportunità di riflettere sul messaggio scritto da Papa Francesco per questa occasione ed incentrato sul tema “Giovane, dico a te, alzati!” (cfr Lc 7,14) in riferimento alla resurrezione operata da Gesù del figlio della vedova di Nain.
Tra le varie considerazioni significative fatte dal Santo Padre ne sottolineo alcune. La prima riguarda lo sguardo: quello attento di Gesù ed il nostro troppo spesso distratto e superficiale. Quante volte guardiamo senza vedere, prigionieri di quella indifferenza che ci rende impermeabili alle tante situazioni di morte fisica, emotiva e sociale che ci circondano. Ma Papa Francesco non vuole limitarsi a mettere in luce le nostre mancanze o quelle dei giovani. Egli vuole responsabilizzarci ad un’attenzione particolare nei confronti del prossimo, vuole ricordare agli adulti che sovente sono proprio i giovani le vittime della nostra “distrazione”:«Quanti giovani piangono senza che nessuno ascolti il grido della loro anima! Intorno a loro tante volte sguardi distratti, indifferenti, di chi magari si gode le proprie happy hour tenendosi a distanza». La frenesia della vita quotidiana fa sì, ad esempio, che in famiglia non ci si guardi più negli occhi e non ci si accorga del malessere dei figli. Un malessere che a volte si può sviluppare a causa di fallimenti personali o presunti tali, «quando qualcosa che stava a cuore, per cui ci si era impegnati, non va più avanti o non raggiunge i risultati sperati» in campo scolastico o sportivo. Chi è abituato a stare accanto ai giovani non può non rendersi conto di quanto le nuove generazioni siano fragili e come siano in difficoltà proprio ad elaborare i propri insuccessi. Spesso invece di avere vicino adulti autorevoli che li aiutino a leggere ed interpretare ciò che stanno vivendo, si ritrovano accanto persone altrettanto fragili che pensano di fare il loro bene facendoli trovare negli altri le cause dei propri insuccessi o, peggio ancora, proteggendoli dalle difficoltà e dalle delusioni della vita quando invece, osserva correttamente il Pontefice, «i fallimenti fanno parte della vita di ogni essere umano, e a volte possono anche rivelarsi una grazia! Spesso qualcosa che pensavamo ci desse felicità si rivela un’illusione, un idolo. Gli idoli pretendono tutto da noi rendendoci schiavi, ma non danno niente in cambio. E alla fine franano, lasciando solo polvere e fumo. In questo senso i fallimenti, se fanno crollare gli idoli, sono un bene, anche se ci fanno soffrire».
Il Santo Padre ritorna poi su un argomento a lui particolarmente caro quando si rivolge a ragazzi e ragazze e cioé l’invito a «non guardare la vita dal balcone» (come ebbe a dire in un’altra occasione), ma ad appassionarsi delle cose della vita:«“Alzati” significa anche “sogna”, “rischia”, “impegnati per cambiare il mondo”, riaccendi i tuoi desideri, contempla il cielo, le stelle, il mondo intorno a te». Troppo volte mi è capitato di sentire adolescenti che si dicevano cronicamente annoiati o di altri
che proprio per sfuggire l’apatia hanno vissuto esperienze estreme. Occorre aiutare i giovani a sentire e capire che il mondo e la Chiesa hanno bisogno dei loro sogni e delle loro energie; è importante che di fronte alle situazioni di dolore e di necessità che li circondano sappiano piangere con chi piange e gioire con chi gioisce; è fondamentale che davanti alle molte situazioni di ingiustizia imparino a pronunciare quell’ “I Care”, “M’interessa” che tanto piaceva a Don Lorenzo Milani. E’ uno stile di vita che non serve solo a chi viene aiutato, ma anche a chi aiuta perché altrimenti «tutto si riduce a un “lasciarsi vivere” cercando qualche gratificazione: un po’ di divertimento, qualche briciola di attenzione e di affetto da parte degli altri». Concludo ricordando, con le parole del Papa, che ogni impegno a favore del prossimo è possibile «grazie allo Spirito Santo, se voi per primi siete stati toccati dal suo amore, se il vostro cuore è intenerito per l’esperienza della sua bontà verso di voi».