di Antonio Lovascio • Valli a capire questi italiani ! In politica un mito leva l’altro. Solo due anni fa era la “democrazia diretta” a fare la parte del leone, coltivata sulla piattaforma digitale del Movimento Cinque Stelle. Ora l’utopia di Rousseau sembra caduta in disgrazia, se non nel dimenticatoio. E secondo il Rapporto Censis 2019, pubblicato poco prima di Natale, un connazionale su due (48,2%) pensa infatti ad un “uomo forte al potere” che “non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni”. Un’idea (evocata da Salvini) che trova più consensi tra operai (62%), persone meno istruite (62%) e con redditi bassi (56,4%) e che viene spiegata dall’Istituto di ricerca fondato da Giuseppe De Rita con “l’inefficacia della politica ed estraneità da essa”, elementi che “aprono la strada a disponibilità che si pensavano riposte per sempre nella soffitta della storia, come l’attesa messianica dell’uomo forte che tutto risolve”. E’ anche vero che lo stato d’animo dominante tra il 65% degli italiani è l’incertezza, con un logoramento sfociato da una parte in stratagemmi individuali di autodifesa e dall’altra in “crescenti pulsioni antidemocratiche”. Ecco perché il 69,8% è convinto che nell’ultimo anno siano aumentati gli episodi di intolleranza e razzismo verso gli immigrati e per il 58% sarebbe lievitato pure l’antisemitismo. Secondo il rapporto, inoltre, l’aumento dell’ occupazione nel 2018 e nei primi mesi del 2019 è un “bluff” che non produce reddito e crescita. Una cosa a cui invece gli italiani non rinunciano è alle proprie passioni (la metà della spesa familiare è appunto impegnata per coltivare hobby) come pure al telefonino, che ormai ha monopolizzato la vita quotidiana. Oltre il 50% delle persone difatti controlla lo smartphone come primo gesto al mattino o l’ultima attività della sera prima di andare a dormire. “Alla crisi economica c’e’ stata una risposta individuale, lo sforzo degli italiani nel mettere in campo forme di reazione come il viver bene individuale non basta. Serve anche il ’viver bene’ collettivo. Non bastano dunque i singoli, ma serve una risposta collettiva”, ha spiegato il segretario generale del Censis Giorgio De Rita, aggiungendo che “l’errore della politica è stato quello di non essere stata capace di decidere, ovvero di aver deciso sapendo che quelle decisioni non produrranno effetti”.
A proposito di “uomini forti”, l’Osservatore Romano, a firma del suo direttore Andrea Monda, ha opportunamente ricordato quello che affermò Dietrich Bonhoeffer all’indomani dell’insediamento di Hitler come führer in Germania nel 1933. Chiamato a commentare alla radio il primo discorso del neoeletto cancelliere, il teologo protestante disse che non era soddisfatto dalle parole di Hitler che più volte aveva proclamato dal palco la sua volontà di “non deludere il popolo”, assicurandolo che avrebbe mantenuto tutte le promesse elettorali. Bonhoeffer disse che non si sentiva tranquillo perché lui si aspetta dal suo führer la possibilità di essere deluso, questo, dal punto di vista umano lo avrebbe confortato molto di più. Sappiamo come andò a finire: Hitler mantenne tutte le sue promesse alle quali aggiunse odio e persecuzione nei confronti anche di quel giovane teologo morto nell’aprile del 1945, pochi giorni prima del suicidio dell’uomo forte. Guardando all’Italia, che hanno cambiato due “uomini forti” come Crispi e Mussolini ? Hanno contribuito al progresso del Paese ? Sul Duce basterebbe leggere quello che scrive Guido Melis nel suo apprezzatissimo libro “La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello Stato fascista”, edito nel 2018 dal Mulino. Da cui emergono chiaramente i costi che fece pagare alla società per tenere sotto controllo o eliminare ogni opposizione. Forse la destra contemporanea non commetterebbe gli stessi errori, ma certo non dà grande affidamento in termini di coesione e solidarietà, se si preoccupa solo di raccattare consensi giocando spesso sulla paura.
Nel momento in cui nell’opinione pubblica sta emergendo un grande disorientamento e con troppa facilità gli italiani passano da una prospettiva all’altra (dalla preferenza per “democrazia diretta” a quella per l’”uomo forte”) facendo oscillare il pendolo delle previsioni elettorali, la Chiesa giustamente sollecita il rinnovamento della classe politica e dirigente, invitando gli attuali protagonisti “a deporre odi e calunnie”. Ne è prova l’omelia del presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, pronunciata alla Messa in preparazione al Natale per Deputati e Senatori, nella quale ha affrontato in maniera profonda e integrale le sfide che ci attendono: <E’ il bene dell’Italia che reclama la vostra attenzione. Il miglior augurio che posso farvi è dunque quello che proviate su di voi il subbuglio del Paese, che possiate davvero vivere le sue inquietudini e che possiate cercare rimedi. Si tratta di fare con passione e competenza il possibile, sapendo che ricostruire un tessuto identitario e comunitario non è opera che s’improvvisa>. Non s’improvvisa e richiede tempi lunghi. Per questo in fretta deve partire la ricostruzione. Tra gli italiani serpeggia bisogno di futuro. Di qualcosa di meglio di quello che oggi sperimentiamo nel quotidiano.