di Giovanni Pallanti • Georges Simenon è stato ricordato dall’”Osservatore Romano” nel numero del 2-3 settembre 2019. Era il trentesimo anniversario della scomparsa dello scrittore belga di lingua francese, autore di numerosi romanzi, noto al grande pubblico per aver inventato il personaggio di Jules Maigret commissario della polizia francese. Come mai l’”Osservatore Romano” ha voluto ricordare il grande scrittore che apparentemente poco ha a che fare con i temi trattati dal quotidiano vaticano? Chi non conosce Simenon si sarà forse meravigliato. Chi lo ha letto sa perfettamente che nei suoi romanzi e nella serie dedicata al commissario Maigret egli sa descrivere in maniera chiara e semplice i comportamenti degli uomini e delle donne fino a percepire i drammi e le gioie dell’anima umana. I racconti polizieschi che hanno come protagonista Maigret sono un caleidoscopio per narrare le vicende umane attraversate da una turbolenzaesistenziale o in un delitto attraverso le indagini di un poliziotto che scopre, alla fine, non solo il dolore della vittima ma anche il dramma dell’assassino. In questa piètas di Simenon c’è la sua matrice cristiana e cattolica. Il senso del peccato, per Lui, non abbandona mai le vicende del mondo. Anche le persone più insospettabili possono essere state influenzate dal male. Anche le persone buone possono, per una qualsiasi ragione, commettere un crimine. Simenon è stato considerato dal grande scrittore francese Andrè Gide, premio Nobel nel 1947, un maestro della letteratura tant’è che Gide scrive ad un amico di avere letto, in una sola settimana, otto libri di Simenon. La tiratura delle sue opere, tra cui molti romanzi, sono state tradotte in cinquanta lingue e pubblicate in quaranta paesi superando, ad oggi, i settecento milioni di copie. Dopo Jules Verne e Alexandre Dumas (padre) è il terzo scrittore di lingua francese più tradotto al mondo. Nei suoi romanzi, ( vale la pena di ricordare: ”Tre camere a Manhattan”, “l’uomo che guardava passare i treni”, “la neve era sporca”, “ i fantasmi del cappellaio”,”Cargo” e tanti altri ) l’ambientazione è talmente straordinaria che mentre si legge scorrono assieme alle parole le immagini di ambienti , di paesaggi e la vita delle persone come se si guardasse un film. La capacità di contestualizzare ambienti e storie umane è la più grande qualità di Simenon,soprattutto quando descrive i personaggi femminili, il che lo fa essere uno dei più grandi narratori e romanzieri degli ultimi due secoli. In Lui, come ben si comprende leggendo le storie del commissario Maigret, c’è un impasto di cultura contadina e un’ ispirazione cattolica( in fondo alla sua anima di libertino) che lo fa essere un attento osservatore del reale che non indulge in compassione per il male del mondo ma che vive serenamente e consapevolmente l’essere umano portatore al contempo di bene e di male. La cultura contadina, (Maigret viene immaginato, da Simenon, come figlio di un fattore di una grande tenuta della campagna francese), gli consente di affrontare tutte le situazioni scabrose con rammarico ma senza mai perdere la speranza nel genere umano. Per questo modo di intendere la vita Simenon è superiore anche al grandissimo Balzàc. Lo scrittore siciliano Andrea Camilleri diceva che Simenon aveva scritto vivendo e vivendo scriveva. Esatto. La vita di Georges Simenon (Liegi 13 febbraio 1903- Losanna 4 settembre 1989 ) è stata forse, infatti, il suo più grande romanzo.