di Stefano Tarocchi • La liturgia delle domeniche di Pasqua, centrata sul vangelo secondo Giovanni, ha quest’anno messo in luce uno dei temi fondamentali del messaggio che Gesù lascia ai discepoli nella vigilia della passione.
Esso si fonda sulla rilettura del quarto evangelista del comandamento dell’amore che ci è trasmesso nella tradizione sinottica: «qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi» (Mc 12,28-31).
È ben noto che Giovanni non trasmette in questo contesto nessuna parola sull’Eucaristia: Gesù ha parlato nella sinagoga di Cafarnao del pane della vita: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51)
Nei discorsi del quarto Vangelo pronunciati nella cena di addio di Gesù ai discepoli troviamo invece il racconto dei gesti di Gesù e la loro spiegazione: «voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,13-15). A più riprese viene richiamato quel comando: «come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Gv 15,9). E, ancora, «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando» (Gv 15,12-14).
Questo comando di Gesù, derivato dal gesto di quando ha lavato i piedi ai discepoli, assume un significato nuovo appena Giuda esce dal gruppo dei discepoli e dalla cena con Gesù, perché «quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,31-35).
Ora, il comandamento nuovo, è la sintesi del duplice comandamento della tradizione sinottica, verificata dall’amore stesso di Gesù. Ne abbiamo un eccellente riprova quando più avanti si legge: «il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio» (Gv 16,27).
Questa definizione, tipicamente giovannea, della novità del comandamento dell’amore secondo le dimensioni dell’amore di Cristo («Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri»: Gv 13,34) si registra anche nelle prime due lettere attribuite al quarto evangelista. Ma qui c’è un’interessante paradossale mutazione: «carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Eppure, vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera» (1 Gv 2,7-8).
Siamo qui in presenza di un vero e proprio paradosso: il comandamento “nuovo” è al tempo stesso “antico”, perché appartenente alla tradizione dei discepoli del quarto evangelista. Il “comandamento antico” è la riproposizione senza limiti di quello che Gesù tra trasmesso come nuovo, dando sé stesso come misura.
È così che la seconda, brevissima, lettera di Giovanni, così riporta le parole del vecchio discepolo: «ora prego te, o Signora, non per darti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto da principio: che ci amiamo gli uni gli altri» (2 Gv 1,5).
Del resto, questo era l’esordio della prima lettera del medesimo apostolo Giovanni: «quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo» (1 Gv 1,1-3).