di Andrea Drigani • Il diritto alla libertà religiosa, su questa Rivista, è già stato oggetto, da parte mia, di tre articoli («Libertà e bestemmie», marzo 2015; «Ancora sul diritto alla libertà religiosa», settembre 2016; «Il cardinale Florit e il senso teologico della libertà religiosa», luglio 2017). Questo diritto proclamato nel Concilio Vaticano II, con la Dichiarazione «Dignitatis Humanae», è tuttora oggetto di considerazioni e di riflessioni, forse talvolta anche improprie, che merita sempre ulteriori approfondimenti anche perché come affermava San Giovanni Paolo II in un discorso del 10 marzo 1984 : «Ora fra tutti i diritti dell’uomo si annovera giustamente il diritto alla libertà religiosa, anzi questo è il più fondamentale, perché la dignità di ogni persona ha la sua prima fonte nel suo rapporto essenziale con Dio Creatore e Padre, alla cui immagine e somiglianza è stata creata, perchè dotata di intelligenza e libertà». L’occasione per ritornare su questo argomento mi viene data, tra l’altro, dal 50° anniversario della morte del cardinale Josef Beran (1888-1969) un martire e un difensore della libertà religiosa, che proprio su tale diritto svolse un memorabile intervento durante i lavori del Vaticano II. E’ bene riandare, sia pur brevemente, alla storia della sua vita. Josef Beran era nato il 29 dicembre 1888 a Plzen, in Boemia, venne ordinato sacerdote il 10 giugno 1911, e conseguì il dottorato in Teologia a Roma presso la Pontificia Università Urbaniana. Rientrato in patria insegnò nel Seminario arcivescovile di Praga divenendone, poi, rettore nel 1932. Dopo il Patto di Monaco del 1938 Hitler instaurò il cosidetto protettorato germanico sulla Boemia e Moravia, Beran per le sue posizioni contrarie all’ideologia nazista era sorvegliato dalla Gestapo. Nel giugno del 1942 annunciò che avrebbe celebrato una Messa per gli ufficiali cecoslovacchi prigionieri dei tedeschi e che l’avrebbe fatto in lingua ceca, disobbedendo alle direttive dei nazisti. Fu arrestato come sovversivo e pericoloso. Dopo un brutale interrogatorio, fu incarcerato, poi mandato a spaccare pietre, quindi il 4 settembre 1942 fu deportato nel campo di concentramento di Dachau, nel quale furono reclusi oltre 2700 ecclesiastici, tra i quali i preti italiani Don Roberto Angeli e Don Paolo Liggeri, coi i quali strinse una grande amicizia. Il 29 aprile 1945 il campo di Dachau venne liberato dalle truppe americane e anche Josef Beran potè tornare a Praga divenendo professore ordinario di teologia pastorale all’Università «Carlo IV». Il 4 settembre 1946 Pio XII lo sceglie come nuovo arcivescovo di Praga. Nel 1948 coll’avvento del comunismo in Cecoslovacchia inizia una durissima politica di riduzione e di lesione delle libertà dei cittadini, in particolare di quella religiosa. Beran dopo aver tentato, invano, di aprire trattative con lo Stato per garantire un minimo di garanzie all’azione della Chiesa, prese atto di una serie di gravi soprusi e il 25 febbraio 1948 pubblicò una lettera pastorale contro il nuovo regime totalitario. L’arcivescovo Josef Beran venne messo agli arresti domiciliari il 16 giugno 1949, successivamente venne trasferito nel castello di Rozelov e in altre residenze fuori dalla diocesi e gli fu negato qualsiasi contatto con il mondo. San Giovanni XXIII gli inviò una lettera, nel maggio 1961, per il suo giubileo sacerdotale, ma la missiva fu respinta al mittente con la dicitura «senza recapito». Il 4 ottobre 1963, dopo lunghi contatti con la Santa Sede, il governo comunista concesse una specie di grazia a Josef Beran, attenuando il duro regime di internamento, ma non gli fu consentito di riprendere il governo dell’arcidiocesi di Praga. Nel 1965 gli venne accordato il permesso di partecipare al Concilio Vaticano II, ma a condizione di non rientrare più in Cecoslovacchia. Josef Beran per il bene della Chiesa accettò l’esilio a Roma. San Paolo VI lo creò cardinale, del titolo di Santa Croce in Via Flaminia, nel Concistoro del 22 febbraio 1965. Come si è scritto il cardinale Beran partecipò all’ultima sessione del Concilio Vaticano II, in particolare presentò alcune riflessioni di grande valore durante il dibattito sulla stesura della Dichiarazione «Dignitatis Humanae». Josef Beran dopo aver ricordato come la Chiesa in Boemia stesse espiando dolorosamente per gli errori e i peccati commessi in suo nome, nei tempi passati, contro la libertà di coscienza, come fu nel secolo XV il rogo di Giovanni Hus e nel secolo XVI la forzata conversione di gran parte del popolo boemo alla fede cattolica in base al principio «cuius regio eius et religio», annotava che questo trauma era stato di impedimento al progresso della vita spirituale ed aveva, inoltre, fornito e forniva facile materia di polemica ai nemici della Chiesa. Pertanto anche la storia ammoniva a che nel Concilio si dichiarasse con chiare parole e senza alcuna restrizione, il principio della libertà religiosa e della libertà di coscienza. Il cardinale Beran esortò a non ridurre la forza di questa Dichiarazione conciliare, invitando ad aggiungere a conclusione del testo queste o simili parole: «La Chiesa cattolica insistentemente prega per tutti i governi di questo mondo perché estendano efficacemente il principio della libertà di coscienza a tutti i cittadini, e perciò anche ai credenti in Dio, e cessino da qualsiasi oppressione della libertà religiosa. Vengano liberati immediatamente sacerdoti e laici che, per causa religiosa, sotto diverse accuse, da molti anni sono detenuti in carcere. Vengano restituiti al loro gregge molti Vescovi e sacerdoti impediti nel loro ufficio. Sia restituita alla Chiesa, in quegli Stati dove mediante leggi ingiuste essa è abbandonata all’arbitrio di magistrati a lei ostili, l’interna autonomia e un facile esercizio della comunione con la Sede di Pietro. Si cessi dal frapporre ostacoli ai giovani che vogliono abbracciare il sacerdozio o la vita monastica. Sia nuovamente consentita la vita comunitaria agli ordini religiosi. Infine a tutti i fedeli sia data un’effettiva libertà di professare la fede, di predicare e di spiegare positivamente le verità rivelate e di educare religiosamente i figli. E così si farà una vera opera di pace». Il cardinale Josef Beran morì a Roma il 17 maggio 1969 e fu sepolto nelle Grotte Vaticane. Il 20 aprile 2018 le sue spoglie sono state definitivamente traslate nella Cattedrale di Praga.