Di che cosa si nutre Dio? Riflessione sulla Trinità, l’amore, l’eucaristia.

243 300 Gianni Cioli
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resizedi Gianni Cioli • Lo scorso 27 maggio, solennità della santissima Trinità, sono stato invitato a partecipare a una messa in occasione della seconda comunione del figlio di due miei cari amici. Giunto alla chiesa il parroco, a sorpresa, mi ha pregato di presiedere l’eucaristia. Mi sono trovato così a improvvisare l’omelia dovendo rivolgermi privilegiatamene ai bambini e dovendo tener presente sia la festa della Trinità, sia l’occasione della comunione dei bambini.

Questo mi ha stimolato a cogliere un’idea, ovvero una metafora, inedita almeno per me, forse suscettibile di sviluppi utili (e che perciò desidero condividere) per parlare di Dio, del suo essere e del suo amare, in un orizzonte trinitario ed eucaristico.

La prima cosa che ho detto, rivolgendomi ai bambini, è che l’idea della Trinità non ci deve spaventare ma ci deve far capire che Dio è amore, perché Trinità significa tre persone che si amano immensamente da sempre, e da sempre si donano totalmente in modo reciproco. Mentre stavo cercando di dire questo in termini adatti ai miei piccoli ascoltatori mi è venuta in mente una metafora: si può forse comprendere meglio l’amore se lo si paragona al cibo. L’amore e il cibo hanno qualcosa in comune. Per vivere infatti abbiamo bisogno di mangiare, ma per vivere bene, per vivere appieno, abbiamo pure bisogno di amare e di essere amati. «Non di solo pane vive l’uomo…» (Mt 4,4). Come c’è un ben-essere collegato alla qualità del nostro cibo c’è un essere-bene collegato alla qualità del nostro amore. L’essere di Dio si identifica con la qualità del suo amore, e la qualità del suo amore s’identifica col suo essere. Detto in termini forse accessibili anche per i bambini: Dio si nutre dell’amore, mangia, per così dire, il suo stesso amore. Non si tratta però evidentemente di un amore di sé narcisistico perché, appunto, è l’amore reciproco di tre persone distinte: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

La bella notizia che ci riguarda è che queste persone non hanno voluto tenere il loro amore solo per sé, ma l’hanno voluto riversare su di noi, coinvolgendoci, per così dire, nel vortice del loro volersi bene. Così possiamo amare Dio Padre da figli con il dono dello Spirito, sull’esempio di Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, e possiamo amarci gli uni gli altri con quello stesso amore di cui si nutrono le persone della Trinità. Del resto Gesù non ha forse detto: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato?» (Gv 4,34).

Che cosa c’entra tutto questo discorso con la comunione?
La comunione può essere intesa come l’amore di Dio, quel cibo di cui Dio da sempre si nutre, che viene offerto anche a noi per renderci capaci di amare, per conservarci e crescere in questa capacità d’amare. Quando Gesù dice: «prendete e mangiate, questo è il mio corpo…», manifesta l’amore di Dio per noi e ce lo dona come cibo per essere, e divenire sempre più simili a lui.

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