Andrew Jackson – Precursore della democrazia moderna

319 253 Mario Alexis Portella
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download (1)di Mario Alexis Portella Il Visconte Alexis de Tocqueville (1805 – 1859), nella sua opera La Democrazia in America, in tre volumi (1835, 1840 e 1856), notava che negli Stati Uniti d’America il sistema democratico era già una stabile realtà, mentre nell’Europa dei suoi tempi il processo verso l’uguaglianza politico-sociale dei cittadini appariva lento e spesso restava ancora a livello di dibattito teorico sulle forme istituzionali più atte a garantire un’ordinata e partecipativa vita associata e sulla divisione dei poteri, in particolare su quelli da accentrare nel governo.

Dopo il suo soggiorno in America, il pensatore liberale francese sottolineava che la Repubblica Americana era riuscita a dare forma politica all’eguaglianza come la naturale tendenza di ogni società avanzata; il potere, osservava, è esercitato per mandato del popolo e ciò comporta che il popolo, storicamente sempre passivo, diventa parte attiva. Quindi, egli, rimastone colpito, metteva in risalto l’eguaglianza dei cittadini che, sola, può esercitare ed esercita una prodigiosa influenza non solo sull’andamento della società, ma anche sulla vita politica e sulla formazione delle leggi. È l’uguaglianza da cui deriva il valore ogni aspetto della società civile. Infatti, la ricerca dell’uguaglianza crea opinioni, suscita sentimenti, suggerisce usanze e incoraggia il rispetto dell’individuo a cui si riconosce anche la libertà religiosa come autentico diritto politico.

Tutto questo processo sociale, istituzionale e morale, considerato oggi come la vera democrazia, fu promosso e animato dal settimo Presidente degli Stati Uniti e fondatore del Partito Democratico, Andrew Jackson: si tratta di quello che noi chiamiamo la Democrazia Jacksoniana.

Per Democrazia Jacksoniana, pertanto, deve intendersi la filosofia politica che fu il sostrato del principio d’uguaglianza che informò la politica americana durante la presidenza di Andrew Jackson (1829 – 1837). Secondo la maggior parte degli storici e degli studiosi di Scienze Politiche, essa fu la prima vera forma di democrazia americana, poiché prima della presidenza di Jackson, la vita politica statunitense era stata determinata dai grandi latifondisti del Sud e dai ricchi imprenditori del Nord.

Dopo la Guerra del 1812 contro l’Inghilterra, come Comandante Generale del Sud, pur senza esperienza militare, Jackson difese il territorio di New Orleans contro l’invasione Britannica con gran successo, per cui diventò l’eroe militare più popolare dopo George Washington. Jackson venne anche idealizzato dall’uomo comune per l’alta reputazione raggiunta come congressista e senatore specie grazie alla sua battaglia in difesa dei diritti dei piccoli farmers (agricoltori), che si concluse a loro favore: essi, infatti, conseguirono il privilegio di acquistare territori nella frontiera occidentale, che l’oligarchia finanziaria dell’Est invece reclamava per sé.

Nel novembre del 1824, Jackson tentò l’elezione alla Presidenza schierandosi con il Partito Democratico-Repubblicano, riuscendo ad ottenere la maggioranza sia del voto popolare che di quello del collegio elettorale – il corpo costituzionale che elegge il Presidente ed il Vice Presidente – ma questi voti non furono sufficienti per essere eletto: tra i quattro candidati in lizza John Quincy Adams risultò al secondo posto. Siccome nessuno dei due aveva raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, e non riuscendo il Senato a pervenire ad una votazione definitiva, la Camera, in base al XII Emendamento della Costituzione, designò Adams come nuovo Presidente. Tuttavia, nelle elezioni presidenziali del 1828, Jackson rientrò in campo con un nuovo soggetto politico, il Partito Democratico. Questa volta egli riuscì a vincere contro il Presidente in carica, grazie all’alleanza tra i piccoli agricoltori dell’Ovest e gli agrari del Sud, delusi dalle politiche economiche di Adams e dalla corruzione imperante a Washington.

Andrew Jackson fu il primo Presidente che non proveniva da una famiglia considerata “aristocratica” e che non aveva frequentato un corso di studi in scuole prestigiose: fu invece un uomo di frontiera, esaltato dai pionieri dell’Ovest e non godeva di grande simpatia presso gli intellettuali del Nord e del Sud del Paese. Egli, inoltre, era anche l’unico uomo politico vivente che aveva combattuto contro gli inglesi nella Rivoluzione del 1776.

Nonostante la sua controversa politica relativa allo spostamento e ricollocamento delle tribù indiane sul territorio americano ed al problema della schiavitù – anch’egli possedeva degli schiavi – in virtù del sistema democratico da lui ideato e realizzato, dopo una ventina di anni, la quasi totalità degli Stati introdusse leggi che consentirono il suffragio universale maschile per i bianchi, mentre prima era limitato ai maschi bianchi che possedevano proprietà. Questa forma di suffragio all’inizio non venne estesa a tutti, ma, nel corso del tempo, sia le donne che i non bianchi conseguirono questo diritto.

Se oggi possiamo godere delle libertà politiche, che purtroppo non sono apprezzate e neanche ben gestite dai governi “democratici” o dai cittadini, non dobbiamo dimenticare l’eccezionale opera di quest’uomo, Andrew Jackson, che come cristiano e nello spirito dei Padri Fondatori ha pensato e lottato per coloro che non avevano voce nel sistema politico sino ad allora vigente. Egli raccolse e attuò il concetto di Stato libero e democratico che i Padri Fondatori avevano seminato e che decenni dopo Abraham Lincoln proclamerà: << una nazione nuova, concepita in libertà e consacrata al principio che tutti gli uomini sono creati uguali … una nazione in cui il governo sarà del popolo, dal popolo, per il popolo e mai più sarà sradicata dalla terra >>.

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Mario Alexis Portella

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