di Alessandro Clemenzia • La “geometria”, come dice il termine stesso (geo- e metria, vale a dire la misurazione della terra), indica la comprensione dello spazio all’interno del quale si muove l’uomo, ed esprime dunque l’intenzionalità e la possibilità di entrare in modo più rigoroso nel significato della realtà. La geometria, che serviva inizialmente a risolvere questioni di carattere naturale, è divenuta col tempo una vera e propria scienza intuitiva e descrittiva, capace ancora oggi di essere un punto di riferimento per spiegare fenomeni che a primo impatto risultano essere ancora enigmatici. Per arrivare ad una proposta di senso di essi, è necessario fare riferimento non tanto a concetti astratti (che rischiano di non portare alla desiderata esemplificazione), quanto a immagini, “modelli”, facenti parte di un orizzonte interpretativo che sia il più largamente possibile acquisito.
Papa Francesco, per spiegare determinati fenomeni complessi, quali ad esempio la Chiesa e alcuni processi sociologici, ha recuperato come “modello” diverse figure geometriche. Una tra tutte è il poliedro: un solido formato e delimitato da un numero finito di facce poligonali piane. Per evitare di attribuire significati dedotti da personali speculazioni, è bene ricorrere direttamente alle citazioni del Papa, rintracciando i differenti contesti in cui sono state pronunciate.
Nell’Evangelii gaudium è scritto: «Il modello non è la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità» (n. 236). Papa Francesco fa qui riferimento al modello del poliedro per spiegare la relazione tra globalizzazione e localizzazione, e la tensione che può verificarsi tra le due. Nella globalizzazione, infatti, che di per sé è un processo che manifesta un intento positivo in quanto tende alla composizione di una realtà unitaria, si è verificata una crescente asimmetria tra le parti in causa, sistematicamente sfavorevole ai Paesi più poveri. La reazione si è manifestata nelle diverse forme di localismi, che hanno rivendicato la propria autonomia. Di fronte a un tutto che elimina le parti, e alle parti che hanno la pretesa di costituirsi in modo autoreferenziale, il modello del poliedro permette di pensare un’unità che non solo mantenga la pluralità da cui è composta, ma la favorisca costantemente, al contrario della sfera in cui ogni punto è equidistante dal centro. In questo caso Francesco raffigura geometricamente la dinamica della glocalizzazione, termine coniato da Ronald Robertson, per esprimere un processo che mantenga e garantisca un equilibrio tra le parti e il tutto.
In un discorso rivolto ai membri del Rinnovamento nello Spirito (3 luglio 2015), Papa Francesco recupera quanto affermato nell’Evangelii gaudium a proposito del poliedro, non più in riferimento all’ambito socio-politico, ma a quello ecclesiologico, e in particolare alla dimensione carismatica della Chiesa: «Non basta parlare di unità, non è un’unità qualsiasi. Non è un’uniformità. Detto così si può intendere come l’unità di una sfera dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parti che in esso mantengono la loro originalità e questi sono i carismi, nell’unità ma nella propria diversità. Unità nella diversità».
Un’altra volta il Papa propone la medesima figura geometrica per cogliere un’unità che, da un lato, non sia omologazione o eliminazione dell’alterità, dall’altro, sia generatrice di una sempre più ampia pluralità di espressioni: nel poliedro, infatti, più aumentano le facce che lo compongono, più la figura diventa complessa (rimanendo tuttavia sempre una).
La stessa logica si riscontra nell’Amoris laetitia: «L’insieme degli interventi dei Padri, che ho ascoltato con costante attenzione, mi è parso un prezioso poliedro, costituito da molte legittime preoccupazioni e da domande oneste e sincere» (n. 4). Anche in questa occasione il poliedro vuole esprimere una molteplicità ordinata, in cui ciascun elemento conserva il suo significato originario e trova la sua piena valorizzazione.
È questo un modo possibile di interpretare uno dei quattro principi, presentati nell’Evangelii gaudium: «Il tutto è superiore alle parti». Come si è visto dalle diverse citazioni, non si tratta del “principio di totalità”, che – come la storia stessa ha dimostrato – ha portato a strutture governative umanamente devastanti, soprattutto dal punto di vista sociologico e politico, ma – se si vuole conservare il termine “principio” – del “principio di unità”, in quanto si fa riferimento a quella realtà che, simultaneamente: è composta dal molteplice, ne è causa, garantisce e favorisce la continua sussistenza e interazione tra le parti distinte che la costituiscono.