di Andrea Drigani •
L’8 dicembre 1965, durante la cerimonia conclusiva del Concilio Ecumenico Vaticano II, Paolo VI consegnava simbolicamente al filosofo cattolico francese Jacques Maritain (1882-1973), il Messaggio dei Padri Conciliari agli uomini di scienza e del pensiero. Questo Messaggio diceva, tra l’altro, che: «Pensare è anche una responsabilità; guai a coloro che oscurano lo spirito con mille artifici che lo deprimono, lo inorgogliscono, lo fanno errare, lo deformano. Qual è il principio di base degli uomini di scienza se non di sforzarsi di pensare rettamente? Per questo – proseguiva il Messaggio – senza ostacolare i vostri passi, senza abbagliare i vostri sguardi, noi veniamo ad offrivi la luce della nostra lampada misteriosa: la fede. Colui che ce l’ha affidata è il Maestro sovrano del pensiero, Colui del quale noi siamo gli umili discepoli, il solo che abbia detto e potuto dire: Io sono la Luce del mondo, io sono la Via, la Verità e la Vita». Dopo quasi cinquant’anni questo Messaggio continua a rivolgersi alla nostra attenta valutazione. Infatti un certo modo di svolgere attività intellettuale, più o meno consapevolmente, corre il grave rischio di essere un artificio. Mi piace rammentare che il Tommaseo nel suo Dizionario dei Sinonimi annota : «Artifiziale che è d’arte, non di natura; artificiato cha ha tale artifizio che altera e cambia la natura…Artefatto ha senso molto affine a artificiato , ma più forte. Cosa artefatta, non solo è fatta molto dall’artifizio, ma è tutta d’artificio». Sembra, anche oggi, che alcuni pensatori favoriscono più l’oscurità che il chiarore. E non si comprende quale ne sia il vantaggio. Non si capisce perché si voglia chiudere volontariamente gli occhi alla luce per restare nel buio. Si esalta, e anche giustamente, il dubbio, che gli antichi denominavano «fluctuatio inter opposita», cioè quello stato della mente in cui la persona rimane esitante tra due o tre proposizioni che non possono essere vere contemporaneamente, perché l’affermazione dell’una è la negazione dell’altra. Il dubbio, tuttavia, non può essere una condizione permanente, stabile, fissa, ma segna l’inizio di un moto di ricerca e di studio. Il dubbio, infatti, si deve sciogliere; sciolto un dubbio ne può sorgere un altro e anch’esso va risolto: questa è la storia di un pensiero responsabile. Scriveva, a tal proposito, Sant’Agostino: «Cerchiamo con il desiderio di trovare, troviamo con il desiderio di cercare ancora». I Padri conciliari, nel 1965, offrivano una lampada per uscire dall’oscurità e dall’incertezza: Gesù Cristo («Il Maestro sovrano del pensiero»). La Verità, infatti, non è un concetto o un idea, bensì una Persona: Gesù Cristo. E’ quanto viene riaffermato, peraltro, dal Concilio Vaticano II laddove, nella Costituzione Gaudium et spes, si dichiara che in «In realtà, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro, e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando i mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Pensare cristianamente vuol significare aver fiducia nella fede, grande amica dell’intelligenza. A ciò vuole contribuire questa rivista online che è intitolata «Il mantello della giustizia» secondo l’espressione del Libro di Isaia (61,10). Il profeta nell’esprimere la sua gioia e la sua esultanza per essere nel Signore e del Signore, è consapevole che Dio lo ha avvolto, appunto, col mantello della giustizia. La giustizia è la virtù per la quale si deve dare ad ognuno quello che è suo diritto, e tra questi diritti vi è anche quello di conoscere e di seguire l’insegnamento cristiano, nelle diverse circostanze personali, sociali e culturali. Il nostro compito è quello di aiutare a far sì che questo diritto venga sempre meglio garantito e sviluppato.