di Carlo Parenti · Attualmente nel mondo il mercato della morte, cioè quello delle armi, è fiorentissimo e batte ogni record.
Si pensi che nel 2023 la spesa militare ha raggiunto il record di 2.443 miliardi di dollari, pari a 306 dollari per ogni abitante del pianeta. Mai si era speso tanto. Un aumento del 6,8 per cento in termini reali dal 2022. Le stime previsionali delle banche di affari, indicano che le maggiori aziende degli armamenti aumenteranno i ricavi del 9% nel 2024 e del 12% nel 2025, un ritmo più che doppio rispetto alla crescita attesa del pil mondiale. Per vedere i dati SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) in totale e in dettaglio nei paesi del mondo si parta dai governi di 159 Paesi QUI . In realtà la spesa complessiva è stimata molto superiore a quella riportata nell’annuario, considerando che alcuni stati tendono a sottostimare i propri costi, in particolare quelli coinvolti in conflitti. Inoltre, vi è un fiorente mercato nero delle armi. Esso riguarda gli scontri etnici, i gruppi ribelli nazionali o terroristici o separatisti, che confliggono nei singoli paesi con i governi o tra loro.
L’Italia a livello di imprese produttrici registra una quota del 14% del fatturato continentale e del 4% di quello mondiale. Protagoniste le giganti a controllo statale: Leonardo, nona azienda mondiale con 11,5 miliardi di ricavi nella difesa, e Fincantieri, al trentunesimo posto con 2 miliardi. (si veda il Report 2024 di Mediobanca sul : Sistema Difesa nel mondo e in Italia esamina i dati finanziari di 40 multinazionali e di 100 aziende italiane – QUI) . La Ue spende in armi il doppio della Russia e più della Cina. Ma per Von der Leyen è ancora troppo poco, come ha detto durante il discorso con cui ha chiesto la fiducia della nuova commissione UE che presiede.
La grande accelerazione di tale business mondiale è stata generata in particolare dai conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente, oltre che da quelle in Sudan e Myanmar.
Purtroppo, si ignorano o si tacciono i numerosissimi conflitti che lacerano le nazioni. Per conflitti si debbono intendere non solo le guerre tra le nazioni, ma anche quelle civili, gli scontri etnici e quelli tra eserciti e gruppi ribelli nazionali o terroristici o separatisti o anarchici o cartelli della droga o delle mafie, ecc.
Gli Stati coinvolti nelle guerre sono 70. Le milizie, i guerriglieri e i gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti è pari a 901 (Per una puntuale disamina e elencazione si veda QUI ).
Rispettivamente per macro aree geografiche i numeri dei due schieramenti (stati e gruppi vari) sono i seguenti:
ASIA: 16 Stati e 205 gruppi; MEDIO ORIENTE: 7 Stati e 268 gruppi; AMERICHE: 7 Stati e 39 gruppi; AFRICA:31 Stati e 297 gruppi.
In EUROPA si confrontano 9 Stati e 93 tra milizie, guerriglieri, gruppi terroristi, separatisti e anarchici. I Punti Caldi sono: Cecenia (guerra contro i militanti islamici), Daghestan (guerra contro i militanti islamici), Ucraina (guerra contro la Russia e i secessionisti dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk e dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk), Artsakh ex Nagorno-Karabakh (scontri tra esercito Azerbaijan contro esercito Armenia e esercito del Artsakh (ex Nagorno-Karabakh).
Tra le guerre dimenticate c’è quella civile in SUDAN. In realtà sono 2 le guerre succedutesi. Praticamente impossibile descriverle compiutamente se non con un abstract ( si vedano questi due link per capire la complessità della situazione: QUI e QUI) .
1-La guerra civile nel Sudan del Sud è un conflitto occorso dal dicembre 2013 al febbraio 2020. Le parti del conflitto combatterono per la guida politica del neonato Stato del Sudan del Sud a seguito della sua indipendenza nel 2011. Secondo stime dell’ONU cinque milioni di persone nel 2014 necessitavano di aiuti umanitari. Ci sono stati 383.000 morti totali. Oltre 1.500.000 civili profughi e 2.100.000 sfollati.
2-A seguito delle crescenti tensioni, dovute alle conseguenze economiche per il citato conflitto del Sud Sudan, tra le due principali fazioni al potere in Sudan, dal 15 aprile 2023 nella capitale Kharthoum, è scoppiata una violenta lotta che vede protagoniste le Forze armate sudanesi (SAF), l’esercito sudanese ufficiale, e una forza paramilitare rivale, la Forze di supporto rapido (RSF). Il conflitto, che imperversa, è una guerra civile. I combattimenti si svolgono principalmente nei centri urbani. Per capirne la genesi vedi (QUI)
Stando a dati di metà giugno 2024, su una popolazione complessiva stimata di circa 45 milioni di persone metà ha bisogno di aiuto umanitario e in quattordici mesi di guerra oltre 9 milioni hanno lasciato le loro case: 7,3 milioni sono rimasti sfollati all’interno del Sudan, circa 2 milioni hanno trovato rifugio nei paesi vicini. I dati sull’emergenza alimentare pubblicati il 27 giugno sono ancora più drammatici: 25,6 milioni di sudanesi sono in crisi alimentare acuta. Di questi, 755.000 persone sono già a rischio di morte per fame. Si veda anche Il Sole 24 Ore, 3 novembre 2024, p. 2 e Toscana Oggi, 10 novembre 2024, p. 7.
Che Dire? Francesco – che il 15 aprile 2023 aveva nuovamente chiesto alle parti belligeranti di fermare la guerra sudanese: “che fa tanto male alla gente e al futuro del Paese. Preghiamo perché si trovino presto vie di pace per costruire l’avvenire del caro Sudan” – non si stanca di ammonire: “Non dimentichiamo: la guerra sempre è una sconfitta, sempre. Ovunque si combatte le popolazioni sono sfinite, sono stanche della guerra, che come sempre è inutile e inconcludente, e porterà solo morte, solo distruzione, e non porterà mai la soluzione del problema. Preghiamo invece senza stancarci, perché la preghiera è efficace, e chiediamo al Signore il dono di menti e di cuori che si dedichino concretamente alla pace”. (Angelus del 18 febbraio 2024)