di Antonio Lovascio · L’esplosione di violenza e morte all’interno delle famiglie che nelle ultime settimane ha fatto registrare vere e proprie mattanze; l’inarrestabile escalation dei femminicidi (di cui spesso sono protagonisti pure i minori) con dati statistici record da mettere i brividi, sollecitano un’assunzione di responsabilità collettiva, al di là dello sdegno che accompagna – come fossero schegge infuocate – l’effetto mediatico delle più tristi notizie di cronaca. Il richiamo fatto dalla CEI alle sfide dell’emergenza educativa ha trovato per ora solo la risposta di un generico impegno da parte della Politica, ma non lascia intravedere iniziative legislative immediate per supportare con progetti concreti Scuola e Famiglia nella formazione umana, culturale e civile delle nuove generazioni. Per richiamare al rispetto dell’etica e ad una fattiva collaborazione tutti i mezzi di comunicazione, in primis le televisioni, pubbliche e private.
Come si spiega tutto questo sangue sparso nelle famiglie? Dopo la strage di Nuoro, una motivazione l’ha data proprio il segretario generale della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Cagliari , monsignor Giuseppe Baturi: “ “Manca e va restituito il gusto di una vita, troppo spesso questa viene percepita come senza senso e a volte mascherata da un’allegria artificiale o da un’agitazione senza costrutto. C’è bisogno di purificare l’amore da ogni istinto violento per spiegare che si è se stessi solo in relazione a un ‘tu’ e all’interno di un ‘noi’; per ricordare, senza stancarsi, che si è felici solo nell’incontro. E questo chiede un’assunzione di responsabilità da parte di tutti: istituzioni, società civile, comunità ecclesiale, mondo della scuola e della comunicazione”.
Certo, colpisce una sorta d’interscambiabilità dei killer familiari, dal 17enne che uccide genitori e fratellino a Paderno Dugnano e il padre che fa una strage a Nuoro. Fa impressione, perché significa che esiste un veleno di violenza capace di diffondersi in modo capillare. Deve interpellarci nel profondo: dobbiamo impegnarci tutti in un’educazione al rispetto dell’altro.
Probabilmente tanta violenza scoppia in un contesto di solitudine e individualismo in cui il rancore diventa subito aggressività e furore oppure innesca un malessere più muto che sfocia in tanti, troppi casi di autolesionismo.
Parlare di emergenza educativa significa parlare del futuro, sapendo di dover trasmettere ragioni di vita e di speranza. Ma non basta comunicare regole di vita. Quando una società non riesce a trasmettere questi valori, il tessuto sociale si indebolisce. Di qui la necessità di “sfidare la mentalità nichilista per capire se sia possibile un futuro di speranza”. Da tempo la Chiesa italiana cerca di fare la sua parte. Sul piano pastorale rafforzando gli ambiti frequentati dai giovani, a partire dagli oratori, con proposte formative in grado non solo di intercettare i ragazzi, ma di influire sulla loro capacità di relazioni armoniose partendo dalla proposta cristiana”.
Come ha ribadito l’ultimo Consiglio permanente della CEI, in altre parole, “è finito il tempo della parrocchia autosufficiente: bisogna saper integrare i diversi ambiti, quello scolastico, quello educativo, quello culturale, del cinema e dello svago. Le scuole di ispirazione cristiana devono saper motivare sempre di più i ragazzi partendo dalla loro proposta educativa e valorizzando l’insegnamento della religione cattolica o la presenza di educatori cattolici nella scuola. Oggi però sono in crisi le alleanze educative, tra famiglia e scuola, tra famiglia e Chiesa. E come sostiene Baturi a nome dei vescovi italiani “bisogna saper ricreare queste alleanze, leggere nella cronaca un appello e un compito in cui dobbiamo sentirci tutti responsabili”. La Scuola pubblica dal canto suo deve essere messa nella condizione di svolgere come in passato un grande servizio all’umano, dando la possibilità agli studenti di scoprire sé stessi nell’incontro con gli altri e di sentirsi dentro una storia attraversata da verità e bellezza, oltre che a prepararli all’inserimento nel mondo del lavoro e delle professioni, ai più impegnativi traguardi della vita.
Nel cammino della Scuola la Chiesa si pone come compagna di strada e alleata. In una intervista su «Avvenire» prima dell’apertura del nuovo anno scolastico, il presidente della CEI card. Matteo Zuppi non a caso ha ricordato che «l’educazione è la scommessa su cui ci giochiamo il futuro. […] La Chiesa […] si coinvolge in tanti modi perché la scuola sia sempre più esperienza di incontro e di libertà». La comunità cristiana è all’opera in vari campi: le alleanze educative con le scuole e le famiglie; le scuole paritarie cattoliche; l’azione dei cristiani impegnati nella scuola; gli insegnanti di Religione Cattolica. Ora tocca alla Politica ed alle Istituzioni fare la loro parte. Senza indugi.