«FRA’». Giovanni Scifoni ed il suo San Francesco.

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di Stefano Liccioli · Il prossimo 17 settembre la Chiesa ricorderà l’ottavo centenario da quando San Francesco sul monte de La Verna (Arezzo) ricevette le stimmate. Si potrebbe dire che questa importante ricorrenza ha contribuito a suscitare in quest’anno una particolare attenzione sulla figura di San Francesco, ma in realtà il Santo d’Assisi da sempre è, con il suo esempio, al centro non solo della vita della Chiesa Cattolica, ma di tutta la società civile, non solo italiana. Francesco è un uomo del Medioevo, ma nel suo caso non è una frase fatta parlare della sua attualità, sottolineare l’alto valore che ancora oggi riveste la sua figura e che non è mai venuto meno nel corso del tempo.

Durante i secoli San Francesco ha ispirato pittori, letterati, poeti, musicisti, commediografi e, in epoca recente, anche registi cinematografici. Per ragioni di brevità non posso fare una rassegna di tutte queste opere artistiche a tema francescano. Mi limito a dire che solo quest’anno in Italia ci sono, per quante ne so, quattro spettacoli su questo soggetto: quello di Ascanio Celestini, di Simone Cristicchi, di Alessandro Barbero e di Giovanni Scifoni che ha portato in scena “Fra’ – San Francesco e la superstar del Medioevo”. Scifoni aveva già affrontato la figura di Francesco con lo spettacolo “Mani bucate”, ma ha voluto riproporla con una nuova rappresentazione teatrale a cui nelle settimane scorse ho avuto il piacere di assistere.

Ho trovato l’operazione dell’attore e regista romano particolarmente convincente perché rifugge da una mera aneddotica francescana per andare al cuore del messaggio di cui il Santo d’Assisi è portatore. Di lui Scifoni in un’intervista rilasciata ad Avvenire ha detto:«Il problema è che Francesco ti interroga, ti sequestra, quando leggi le fonti francescane lui non ti molla. Perché lui parla di noi, non siamo noi che parliamo di Francesco. Noi non possiamo fare nient’altro che parlare di noi con la faccia di Francesco».

Il monologo dell’attore è collocato in una cornice che unisce laudi medievali accompagnate da strumenti antichi ad un’essenziale quanto suggestiva scenografia in cui l’effigie di Francesco stilizzata da Scifoni appare e scompare. D’altra parte un palcoscenico è davvero il luogo ideale per raccontare la vicenda del “poverello” d’Assisi perché, come mette bene in evidenza l’attore nell’intervista sopracitata, ma anche nello spettacolo stesso, le prediche del santo erano dei capolavori, delle performance di teatro contemporaneo, «egli parlava davanti a 5000 persone, che erano tantissime nella Assisi nel 1200, senza mezzi di comunicazione riusciva a radunare le folle, in più non c’erano microfoni. E’ incredibile. Le persone lo stavano a sentire, perché si sapeva muovere, sapeva usare i gesti. Francesco aveva imparato le mosse dai giullari e trovatori che la mamma francese gli aveva fatto conoscere da piccolo. La gente capiva tutto». In questo modo è chiaro come il centro propulsore della vita del santo sia l’evangelizzazione: il suo incontro con Cristo non è qualcosa da conservare gelosamente, ma da condividere con i fratelli e le sorelle. Cristo è la perla preziosa per la quale vale la pena lasciare tutto: ricchezze, posizioni di comando ed ambizioni terrene. Il tema della rinuncia è, infatti, un altro aspetto centrale della rappresentazione perché Francesco è anche colui che, con un atto di grande umiltà, rinuncia anche alla guida dell’ordine che lui stesso aveva fondato. Ancora Scifoni:«Quello che colpisce tanto oggi è il discorso della rinuncia, la rinuncia all’ego, all’apparenza, lo scomparire perché siamo una società dell’avere più che dell’essere. Rinunciare all’avere è molto più profondo, vuol dire anche rinunciare alla propria fanbase».

Infine un’ultima considerazione riguarda il titolo dello spettacolo, “Fra’ “. Credo che Scifoni (ma è un’opinione personale, non ho trovato riscontri a questa mia ipotesi) giochi col nome Francesco, ma anche con il modo con cui agli adolescenti di oggi piace appellarsi tra di loro, “fra’ ”, abbreviazione di fratello (noto anche con la variante inglese di “bro’ ”). Penso infatti che il Santo d’Assisi sia, se presentato in maniera autentica ed integrale come ha fatto proprio l’attore romano, un ponte ancora oggi molto efficace per dialogare con il mondo giovanile.

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Stefano Liccioli

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