di Rosy Ierardi · Ci sono giorni che segnano uno spartiacque nella vita di un uomo e quello in cui realizza che molte delle preoccupazioni che lo affliggono non sono reali, perché non sono presenti, è uno di questi. Da quel momento, per lui, la realtà non sarà mai più la stessa.
Molti dei nostri tormenti, infatti, dei pensieri che ci tolgono il respiro di giorno e il sonno di notte sono legati alla memoria di qualcosa che è avvenuto nel passato, oppure a proiezioni nel futuro. Riguardano il noi passato e il noi futuro, non riguardano il noi presente.
È buffo a pensarci bene, o forse solo tragicomico. Passiamo gran parte della vita sospesi tra ciò che non esiste più, perché è già stato, e ciò che non esiste ancora, perché ancora non si è realizzato, del tutto indifferenti all’unica dimensione davvero reale e su cui abbiamo potere: il nostro presente.
È adesso che si consuma la vita, adesso che si giocano le sorti della partita.
Siamo uomini e svincolarsi completamente dai condizionamenti del passato e del futuro non credo sia possibile. Ma di certo possiamo, anzi dobbiamo, ridurre il loro impatto sulla nostra vita. Dobbiamo re-imparare a concentrarci sul momento presente. Che nell’epoca della distrazione di massa sembra quasi un’eresia.
Il rumore, i mille impegni, l’attitudine al multitasking esasperato, l’incapacità di restare soli con noi stessi creano l’onda gigantesca che ogni istante ci trascina via dal qui e ora.
Gran parte dei gesti che compiamo durante le nostre giornate vengono eseguiti in automatico, senza lasciare alcuna traccia nella memoria. Abbiamo il cervello così sovraccarico di input che per evitare di mandarlo in tilt siamo costretti a spegnerlo, trasformandolo in un microcosmo atrofizzato e impermeabile agli stimoli esterni.
Camminiamo senza vedere, parliamo senza ascoltare, stringiamo senza sentire. Non prestiamo attenzione a quello che facciamo e che diciamo, relegando le nostre giornate alla fitta nebbia dell’oblio. Che non è una spiacevole conseguenza tra le altre di una vita troppo “stressata”. Perché dentro quell’oblio non ci sono solo le nostre azioni, le vite degli altri e la percezione che abbiamo della realtà. Dentro quell’oblio ci siamo anche noi.