Cinque appunti di Antonio Rosmini sull’Europa

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di Andrea Drigani · Nel febbraio 2019, alla vigilia delle elezioni europee, la Rivista «Aggiornamenti sociali» pubblicò un articolo di Marcus Krienke che, da alcune opere del Beato Antonio Rosmini (1797-1855), enucleava cinque temi rilevanti per una riflessione sull’Europa.

Cinque anni dopo mi è sembrato assai opportuno ripresentare questi cinque punti di Rosmini che continuano a mostrarsi grandemente interessanti ed utili per la vita dell’Unione Europea, che qualcuno paventa essere davanti ad un bivio: rifondare o affondare?

L’integrazione sussidiaria e federale sulla base del rispetto dei principi dello Stato di diritto in ogni Paese aderente all’Unione Europea, il progetto di pace contro il sovranismo nazionale, la valorizzazione della concorrenza economica in un mercato comune, la costituzione di un «popolo» europeo e l’importanza dei corpi intermedi, delle istituzioni di famiglia e delle confessioni religiose, sono i cinque elementi che Rosmini propone, anche nel 2024, alla nostra attenzione.

Per Rosmini solo i singoli Stati stabili possono dare un fondamento solido all’unione di più Paesi, per cui il rispetto della Costituzione e del diritto in ogni Stato è un presupposto essenziale perché sussista un’azione unica per mezzo di un unico Parlamento.

La stabilità nazionale era per Rosmini la colonna portante della struttura sussidiaria e federale , che doveva riconoscere l’autonomia e l’autenticità delle realtà politiche congiunte. Egli aveva scritto: «L’unità nella varietà è la definizione della bellezza».

Rosmini, pur essendo un sostenitore dell’unità nazionale italiana, sostenne con fermezza che tale unione doveva essere un progetto di pace. Gli egoismi nazionali devono essere superati da un ordinamento giuridico che anteponga i valori delle persona a quello dello Stato e degli Stati, realizzando il criterio etico sociale fondamentale secondo il quale: «la persona dell’uomo è il diritto umano sussistente: quindi anco l’essenza del diritto». In questa prospettiva la persona umana è vista come precedente alla politica e quindi come origine del diritto e dell’ordine pubblico, sia interno che internazionale.

Il rispetto della persona presuppone, per Rosmini, una concorrenza funzionante per consentire che le capacità e i talenti della persona si esprimano appieno. Tuttavia consapevole che le conseguenze derivanti dalla concorrenza possono essere ambigue, i governi devono regolare le modalità dei diritti, stabilendo norme generali per proteggere le libertà sociali e regolamentare i conflitti.

Riguardo alla formazione di un «popolo», da intendersi come un concetto giuridico non etnico (cfr. A. Drigani, «Intorno ad una definizione di popolo», Il Mantello della giustizia, agosto 2016), Rosmini rammentava la necessità di una coesione sociale fondata sul diritto e sul bene comune e che riguarda tutti i «membri della società, e anche gli stranieri di qualunque condizione pur sieno».

Le risorse morali per la cura del vincolo sociale, non risiedono, per Rosmini, soltanto nell’intelligenza e nelle virtù individuali, col rischio di degenerare in un individualismo che provoca la decadenza della società stessa. Rosmini ricorda alla politica e alle istituzioni che ogni società civile si basa su due tipi di società precedenti: ossia quella famigliare e quella religiosa.

La famiglia come nucleo morale e istanza primaria di educazione e la tradizione romano-cristiana come luogo di cultura, sono riferimenti indispensabili affinchè l’Unione Europea non perda il suo contenuto costitutivo, ossia la persona umana.

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