di Antonio Lovascio · Custodire, ascoltare, curare. Con queste tre parole e senza giravolte lessicali, Papa Francesco ha indicato la strada per creare una cultura della prevenzione, per combattere con fermezza gli abusi e tutelare i minori e le persone più vulnerabili. Per realizzare un fronte comune Chiesa-Istituzioni contro una vera e propria “piaga sociale”; un dramma che riguarda tutti gli ambiti, soprattutto quelli del tessuto familiare. Nella Giornata dedicata alla lotta contro questa piaga, Telefono Azzurro ha reso noto che nei primi tre mesi del 2023, ha gestito 65 casi di pedofilia e abusi, online e offline. In presenza ne sono avvenuti 44, online 21. Secondo il rapporto dell’associazione, il “fenomeno non accenna a diminuire”. Nel 2022 il numero complessivo delle segnalazioni raccolte è stato di 275 e, secondo l’Onlus che dal 1987 promuove il rispetto dei diritti dei bambini e degli adolescenti, i dati rappresentano solo la punta dell’iceberg.
“ Nessun occultamento e silenzio può essere accettato”, ha detto Bergoglio. E il presidente della CEI card. Matteo Zuppi gli ha fatto eco dall’assemblea straordinaria dei vescovi tenutasi ad Assisi con un perentorio “ nella Comunità ecclesiale non c’è prescrizione”, per rassicurare le Associazioni che rappresentano i parenti delle vittime – che temono insabbiamenti e invocano giustizia per questa “sporcizia” – in nome di quanti si sentono prigionieri di una violenza tanto più grande di loro. Le tre direttrici fondamentali per curare ferite laceranti – di contrasto a ogni forma di abuso sessuale, di potere o di coscienza – scaturiscono da una rilevazione condotta da Paolo Rizzi e Barbara Barabaschi dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore, sulle attività dei Servizi e dei Centri di ascolto territoriali che fanno riferimento a 160 Diocesi (pari al 77,7% delle 206 Diocesi italiane), formati da equipes di specialisti, che a loro volta hanno attivato 732 volontari per organizzare 900 incontri di formazione e sensibilizzazione, a cui hanno partecipato oltre 23 mila persone. Per questo secondo report – presentato nel corso di una tre giorni di studio degli operatori, ricevuti alla fine in udienza dal Pontefice – la Chiesa italiana ha scelto la strada dell’indagine interna, diffidando delle commissioni indipendenti che in alcuni casi, come in Francia e di recente in Spagna, hanno elaborato i dati in base a proiezioni statistiche non considerate attendibili dalla CEI.
Cosa ci rivela questa ricerca ? E’ emerso che nel 2022 il numero di vittime di presunti abusi è risultato pari a 54, trentacinque dei quali minorenni, e ci sono anche due bambini sotto i 4 anni. I presunti autori dell’abuso sono 32,la loro età è compresa tra i 40 e i 60 anni, quasi per la totalità di maschi, chierici per un terzo, religiosi per un altro terzo e laici (37%) con qualifiche di educatore (5 casi), catechista (1 caso), fondatore di associazione ecclesiale, insegnante di religione, seminarista. Per lo più celibi ma anche due sposati. Il primo Report presentato un anno fa, segnalava 89 casi di «presunte vittime» e 68 «presunti autori di reato» in base ai dati segnalati da 30 dei 90 centri di ascolto istituiti nelle diocesi. Nel frattempo i centri di ascolto sono arrivati a 108, alcuni dei quali servono più diocesi (in Basilicata, ad esempio, ce n’è uno per tutta la regione), ma ne restano ancora 46 che non lo hanno ancora fatto per problemi organizzativi o difficoltà a trovare personale competente. Dipende anche dalle dimensioni e dalle risorse delle diocesi. La maggior parte dei centri è stata aperta al Nord (46), seguono il Sud (35) il Centro Italia (27). Il fatto che l’anno scorso ci siano stati 54 casi denunciati non significa che siano stati commessi nel corso del 2022: i casi del passato (56 per cento) prevalgono rispetto agli attuali (44 per cento), anche se al Nord prevalgono gli abusi recenti (55 per cento). Le «presunte» vittime all’epoca dei fatti avevano per lo più tra i 15 e i 18 anni (25 su 54), con una prevalenza di femmine (44) rispetto ai maschi (10).
Come dice il Papa, solo l’ascolto del dolore delle persone che hanno sofferto questi terribili crimini apre alla solidarietà e spinge a fare tutto il possibile perché l’abuso non si ripeta. Proprio l’ascolto è il primo atto di prevenzione. Anche se il problema riguarda tutta la società, le nostre comunità ecclesiali sono chiamate ad impegnarsi con coraggio in un discernimento profondo sulle proprie omissioni e inadempienze. Per essere case accoglienti e sicure, deve rafforzarsi l’impegno di tutti per tutelare i più piccoli e fragili.