«Invito a cena con filosofo»: i gusti gastronomici dei filosofi nel libro di Banchi

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di Stefano Liccioli· Nel mese di giugno ho avuto il piacere di presentare l’ultimo libro di Franco Banchi, “Invito a cena con filosofo. 15 grandi del pensiero a tavola” (Edizioni Del Faro, 2023). Giornalista pubblicista e docente di filosofia e storia (tanto per citare alcuni degli incarichi dell’autore) Banchi, come esperto di storia del cibo, dirige la rivista online dichecibo6magazine.it. Proprio su questa rivista, dal 2019, erano apparsi alcuni dei contenuti che fanno parte della sua nuova pubblicazione in cui egli ha raccolto (o potremmo dire “cucinato”, tanto per rimanere in tema culinario) i ritratti di quindici pensatori, dal punto di vista dei loro gusti gastronomici. Franco Banchi immagina, dunque, un unico ed irripetibile simposio a cui partecipano Kant e Leonardo, Hildegard di Bingen e Sartre, Nietzsche ed Hegel, Spinoza e Arendt, Heidegger e Seneca, Leibniz e Platone, Ficino, Campanella e Freud. Come si legge nell’introduzione del testo:«Ne scaturisce un intrigante viaggio intorno ai loro gusti culinari, spesso mai conosciuti, attraverso singolari racconti che rivelano l’originale rapporto tra questi illustri filosofi e l’universo del cibo». Seguendo l’itinerario tracciato dal nostro autore abbiamo anche la possibilità di compiere un più ampio percorso nella storia del cibo del mondo occidentale.

È così che conosciamo, per esempio, i gusti alimentari di Leonardo Da Vinci e, alla maniera di Dan Brown (anche se in maniera decisamente più rigorosa dello scrittore statunitense), Franco Banchi si sofferma su uno dei capolavori vinciani, “L’Ultima Cena”, conservata nel refettorio rinascimentale del convento adiacento a Santa Maria delle Grazie in Milano e che viene analizzata da una prospettiva insolita, quella dei cibi sulla tavola apostolica: anguille e arance. «Entrambi erano spesso presenti nei pranzi rinascimentali e Leonardo li apprezzava molto proprio a livello gastronomico». Si tratta di una ricetta che andava di moda all’epoca, «anguilla spellata, tagliata a pezzi e cotta allo spiedo su fuoco vivo prima di marinarla nel succo di arancia, mantenendo le fette per la guarnizione finale».

Facendo un salto temporale importante sappiamo invece di quanto Nietzsche apprezzasse la cucina italiana sperimentata a Torino, in particolare nella sua trattoria preferita “Il ristorante del Cambio” in piazza Carignano:«Qui consumava enormi porzioni di saporite minestre, “sia asciutte che in brodo, con pasta italiana di grande qualità”, spesso di varietà mai conosciuta prima. Ma, tra i primi, cita anche teneri maccheroni, conditi con besciamella, rigaglie di pollo e uova di giornata. Per quanto riguarda i secondi, insieme a pezzi di tenerissima carne di vitello, servita con verdure assortite, tra cui broccoli contti in maniera incredibile, ricorda con particolare piacere gli ossibuchi e l’apprezzatissima e delicata carne di agnello».

Il libro di Banchi non è costruito con “medaglioni” dedicati a ciascuno dei filosofi, giustapposti tra di loro. Ci sono anche dei temi trasversali, dei fili conduttori che il lettore può seguire per mettere a confronto le abitudini alimentari dei diversi autori. Penso, per esempio, al vino bevanda che viene presa in considerazione più volte, com’era anche facile immaginare. Kant, da parte sua, apprezzava i vini del Reno e, soprattutto, al Medoc:«In età avanzata affiancherà al rosso il bianco, mai però più di un quarto di litro, visto che l’intensità del gusto doveva procedere insieme alla moderazione». Anche Hegel apprezzava il Medoc, ma anche vini che vengono dall’area mitteleuropea: Germania, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, esclusa l’eccezione francese ed un particolare vino italiano, il “Lacryma Christi”, il vino del Vesuvio. Interessante ciò che il filosofo tedesco scrive all’amico Goethe:«Il vino è sempre stato un grande alleato della filosofia perché ha mostrato chiaramente al mondo che lo spirito esiste anche nella natura».

La narrazione di Banchi ha uno stile agile e coinvolgente. Pur mantenendo un registro divulgativo grazie al quale il libro non è riservato agli addetti ai lavori, l’autore offre comunque al lettore un lavoro documentato e approfondito, caratterizzato da un rigore metodologico che è proprio di uno studioso serio.

Tra i molti meriti che riconosco a Franco Banchi c’è quello di non essersi rifugiato esclusivamente nell’aneddotica, scelta che sarebbe stata comunque interessante, ma avrebbe forse difettato in originalità: non sono poche infatti le pubblicazioni che indagano alcuni aspetti biografici o, per meglio dire, aneddotici di autori o pensatori.

Se, com’è noto, non dobbiamo accettare caramelle dagli sconosciuti, tanto meno dobbiamo accogliere dei loro inviti a cena. Sarà forse per questo motivo che Banchi si premura di arricchire il testo con delle brevi biografie dei filosofi presentati che hanno il merito di far conoscere al lettore chi sono, a grandi linee, questi illustri commensali.

In questo tempo di vacanze, se volessimo farci guidare in cucina da qualcuno di questi pensatori, abbiamo la possibilità anche di sperimentare qualche ricetta ed assaggiare qualche piatto (l’omelette ai funghi con Sartre, la zuppa di legumi con Seneca) o degustare l’Idromele con Platone o l’Acquarosa con Leonardo Da Vinci.

Per un pasto completo Banchi compone anche dei veri e propri menù in base alle preferenze culinarie dei suddetti filosofi: menù a base pesce oppure oltre il pesce e la carne. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

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Stefano Liccioli

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